Quante volte ci siamo incontrati e scontrati con le beatitudini? La loro cadenza, il loro ritmo, il loro suono ci affascinano, tanto da saperne qualcuna a memoria; ma rimaniamo sbigottiti e attoniti quando le confrontiamo con la nostra vita e diciamo a noi stessi: “non ce la farò mai a viverle tutte”. Ebbene quando noi diciamo questo ci sentiamo poveri, nudi, disarmati; è questo il sentimento giusto che dobbiamo percepire: la sensazione di essere distanti, lontani da questo ideale di felicità! È l’inizio per vivere le beatitudini: la nuova legge di Dio. Qual è la differenza tra la felicità del mondo e quella di Dio? La felicità del mondo è subito appagante; la felicità che ci propone Dio viene dilazionata nel tempo. La felicità del mondo è qualcosa che conquistiamo noi; la felicità di Dio è la sua conquista su di noi. Dio ha scelto un criterio per vivere la relazione con lui: la povertà, la debolezza. Colui che è felice non è chi ha di più, ma chi ha di meno e aspetta da Dio la sua pienezza. La vera felicità è di chi attende la sua pienezza da Dio e sente il bisogno di affidarsi continuamente a Lui. Ecco allora la prima beatitudine, la più urgente, quella fondamentale che se si vive questa, si è anche in grado di vivere tutte le altre: “beati i poveri in spirito, perché di essi è il Regno dei Cieli”.