Il libro dell’Apocalisse che abbiamo ascoltato ci rivela una verità fondamentale. Molti uomini hanno lasciato la loro impronta, le loro tracce, nella nostra storia, ma chi ha dato un senso alla storia sono altri: i santi! Sì, noi oggi contempliamo il senso della storia, l’epilogo felice di ogni esistenza, la risposta, anche se ancora da realizzare, a tutte le nostre domande. Questa festa ci dice chi sono davvero i grandi della Terra. Sono coloro che si sono lasciati afferrare dall’Eterno, dal Trascendente, coloro che sono entrati nel mistero pasquale di Gesù di sofferenza, morte e resurrezione. Ciò che rende santa una persona non sono le estasi, i miracoli, ma l’accoglienza nella propria vita di questo mistero pasquale, la sua solidarietà con la passione di Cristo. Nessuno più dei Santi ha vissuto con i piedi per terra ma con lo sguardo rivolto ai Beni del Cielo. Hanno incarnato nella loro vita la passione di Gesù. Questa è una notizia consolante! La sofferenza diventa salvifica, ha un senso perché chi soffre ha lavato le sue vesti rendendole candide con il sangue dell’agnello. Curiosa espressione! Come fanno le vesti bianche a non macchiarsi di sangue? Perché sono immerse in Cristo. Il bianco indica la festa, il banchetto, la comunione con Dio, dove non ci sarà più lutto, lamento e affanno. La vita su questa terra è una continua gestazione nelle doglie del parto, cioè una lotta contro il peccato, il male ma solo alla fine c’è la nuova generazione. Il bianco ci ricorda la veste bianca che abbiamo ricevuto nel battesimo che rimane o torna bianca ogni volta che entra in contatto con il sangue di Cristo: è per quello che noi celebriamo il mistero eucaristico, il mistero dei sacramenti. Chi celebra l’Eucarestia incontra gli angeli, i Santi e i defunti. Il banchetto eucaristico è l’anticipo di questa festa eterna che già oggi celebriamo con i nostri cari ormai defunti. Anche noi siamo stati segnati con il sigillo del sacro crisma sulla nostra fronte, ma questo segno occorre che ritorni a profumare attraverso la nostra conversione a Dio e ai fratelli.

C’è un angelo che arriva dall’oriente e ferma gli altri quattro angeli incaricati di devastare la terra. Che cosa ci vuol dire San Giovanni con questa terribile immagine di un annuncio di devastazione? L’autore dell’Apocalisse ci dice che non possiamo rifiutare la grazia di Dio per sempre perché se noi ci ostiniamo nel rifiuto la nostra vita diventa un luogo di devastazione; il peccato devasta la nostra vita e di questo ne fa le spese anche il creato. La sofferenza dell’uomo è anche la sofferenza del creato. Il peccato dell’umanità anticipa già l’inferno su questa terra, ma l’Eucarestia che stiamo celebrando anticipa già la vittoria di Cristo sul male e sulla morte, anticipa la nostra comunione con la Chiesa del Cielo. L’angelo che viene da Oriente è l’angelo della speranza, della pazienza di Dio, dell’attesa. È da Oriente che sorge il sole, per noi simbolo di Cristo; è da oriente che giunge la salvezza, è da oriente del monte degli ulivi che Gesù entrerà a Gerusalemme per offrire la sua vita come agnello immolato per noi.

Le beatitudini del vangelo non fanno altro che confermare questa salvezza che già opera in noi, una gioia che è in attesa di un suo compimento definitivo. Al di là delle sconfitte la vita ha un senso e questo è possibile se questa festa s’inserisce in un orizzonte diverso che trascende il profano. L’Eucarestia diventa allora l’orizzonte divino, sacro: diventa la vera sorgente.

Sia lodato Gesù Cristo.