Il vangelo che abbiamo ascoltato, come anche quello di domenica scorsa, non fa altro che prolungare il mistero del Natale. Anche qui si tratta di una manifestazione di Gesù agli uomini. “Il popolo che abitava nelle tenebre vide una grande luce”. Questa luce è Gesù che viene ad illuminare i popoli pagani, quelle regioni che erano messe ai margini della Giudea. Gesù avrebbe dovuto iniziare, come facevano i profeti, da Gerusalemme ed invece inizia la sua predicazione ai suoi confini per portare la sua Parola. Dio inizia sempre dalle periferie, come dice oggi molto bene Papa Francesco parlandoci di periferie esistenziali. Il cristiano è sempre colui che è invitato a guardare e a partire da quelle realtà più scomode, più lontane, più distanti dal proprio modo di vedere e di sentire. Una comunità cristiana che vive in modo pacifico la sua fede, pensando di bastare a se stessa, di non osare a fare ulteriori passi nei confronti di fratelli e sorelle distanti per cultura, religione, sensibilità, opinioni, povertà di ogni tipo non può vivere pienamente la propria vocazione e tradisce la propria natura per cui è stata pensata e voluta da Gesù stesso. Dio incarnandosi nel suo Figlio Gesù ha limitato la sua azione a delle regioni ben precise, non si è rivelato al mondo con una potenza irresistibile, ma si sottomesso anche lui alle leggi della natura umana, dello spazio e del tempo.
Il suo primo invito è proprio quella della conversione! “Convertitevi, perché il Regno dei Cieli è vicino”. Non basta che Dio si sia “convertito” a noi con la sua incarnazione, non basta che Gesù ci venga semplicemente incontro perché sia evidente a tutti la risposta che dobbiamo dare. Dio si fa incontro agli uomini, ma se gli uomini non si fanno incontro a lui, egli che ha scelto di essere debole, non vuole imporsi a noi.
L’invito alla conversione ci dice un’altra verità: Dio ha bisogno dell’umanità. Ha voluto farsi aiutare da uomini e donne capaci di continuare nello spazio e nel tempo la sua presenza nel mondo. Egli volendosi fare piccolo e limitato ha raggiunto solo una piccola porzione dell’umanità. Egli ha voluto fin dall’inizio farsi aiutare da uomini per raggiungere altri uomini: “venite dietro a me, vi farò diventare pescatori di uomini”. Nel vangelo Gesù chiama Pietro e gli altri apostoli per farsi aiutare. Il mistero dell’incarnazione quindi si prolunga nella Chiesa. La Chiesa è segno e strumento della salvezza portata da Cristo. Dovendosi però servire di uomini era anche cosciente che non poteva prolungare questa sua incarnazione in modo “pacifico”, senza intoppi. Ha scelto questi apostoli così come erano con i loro limiti, i loro difetti e alla fine con i loro tradimenti. Gesù li ha presi così come si trovavano, affaccendati, sporchi, sudati sulla riva del lago. Anche noi dobbiamo accettare la Chiesa perché voluta da Cristo con i limiti e difetti, ma con la consapevolezza che la Chiesa siamo noi, è ogni battezzato. Abbiamo tutti la responsabilità di far sì che la Chiesa aiuti effettivamente il Signore, anziché essergli di ostacolo. Se non siamo noi a raggiungere certe persone, ad essere “catturatori” di uomini, questo Dio non può farlo da solo. Se siamo di scandalo e d’inciampo per i fratelli e sorelle e attraverso il nostro atteggiamento allontaniamo le persone, Dio rimane come interdetto dalla nostra mancanza di aiuto.
La festa di san Vincenzo ci dice che i martiri sono proprio coloro che risvegliano in noi la passione per Dio e per gli uomini. Anche lui ha catturato tanti uomini e donne con la sua fede robusta e forte di fronte alle sofferenze del martirio. Diceva Tertulliano: “Il sangue dei martiri è seme di nuovi cristiani”. La testimonianza vera, fedele, appassionata non può fare altro che generare tanti uomini e donne a Dio. Attraverso di noi Dio diventa credibile. Siamo tutti in servizio attivo, dal momento che Dio, facendosi uomo, ha voluto aver bisogno di altri uomini. Anche di noi.