“Convertitevi, perché il Regno dei Cieli è vicino”. È l’annuncio del Battista che verrà ripreso con forza da Gesù. Domenica scorsa ci eravamo soffermati sul significato del tempo: la maggior parte di esso la viviamo nell’ignoranza e nella paura di ciò che accadrà se non viviamo questo tempo in prospettiva dei beni futuri: o viviamo la relazione con Gesù come quella di un ladro che viene a “rubarci” le cose della nostra vita o viviamo la relazione con Lui nell’attesa di ricevere qualcosa di nuovo e di sorprendente: il Regno dei Cieli. Chi è già appagato delle cose di questa terra non potrà mai aspettarsi nulla di nuovo da Dio e non attenderà nessuno; chi invece si mette in quell’atteggiamento di essenzialità e povertà si attenderà da Dio cose sempre nuove. È per questo motivo che il Battista vive la condizione del Popolo errante nel deserto. Il suo è un ritorno alle origini. Anche per noi c’è stato un tempo privilegiato con Dio ma che si complica con il passare del tempo perché riduciamo Dio ai nostri bisogni e desideri. L’avvento è sempre un tornare alle origini della nostra vita. Il regno di Dio non è una questione di ordine cronologico, ma è la scoperta di ciò che mi manca e che solo Dio mi può donare, è accorgersi che Dio è già presente nella mia vita, che Dio è già raggiungibile su questa terra perché si lascia trovare. I farisei e sadducei non si aspettavano nulla di nuovo da Dio perché sicuri della loro giustizia e appartenenza al Popolo eletto: “Abbiamo Abramo per padre”. Se per loro era un vanto l’appartenenza, per Dio è cosa irrilevante perché può far suscitare figli di Abramo anche da ciò che è inanimato come le pietre. Occorre fare “frutti degni di conversione”. La nostra attesa di qualcuno deve essere sempre operosa. Se non è operosa la vita è solo pula che alla fine viene bruciata: “accoglietevi perciò gli uni gli altri come anche Cristo accolse voi”. “Razza di vipere! Chi vi ha fatto credere di sfuggire all’ira imminente?” Questa “ira” che non dobbiamo intenderla in modo negativo, ci dice al contrario che tutte le nostre azioni avranno delle conseguenze: non possiamo sfuggire a questo giudizio. Alle conseguenze dei nostri atti noi non ci pensiamo mai. Tutto della nostra vita avrà una ricaduta su di noi a nostro favore o a nostro svantaggio. Giovanni c’insegna che quando attendiamo un ospite non ci diamo forse da fare per accoglierlo nel modo migliore? “Raddrizzate i suoi sentieri” ci dice Giovanni: a volte riduciamo Dio ad una sorta di “cappellano” che deve benedire i miei progetti, i miei desideri, le mie speranze, i miei sogni; “addomestichiamo” Dio secondo il nostro benessere e i nostri pensieri: è in questo che noi rendiamo contorte le vie di Dio. Poi alla fine ci accorgiamo che rendendo contorte le vie di Dio, rendiamo anche contorte le nostre vie, i nostri sentieri su questa terra. La realtà del Regno dei Cieli non è qualcosa da possedere, ma da accogliere sempre nella novità.

Il battesimo non è solo quello d’acqua, ma è soprattutto quello che viene dopo che si prova con il fuoco. La nostra vita viene vagliata perché la pula della nostra vita venga bruciata immediatamente e rimanga solo il grano maturo. Ognuno di noi è stato battezzato nell’acqua ma c’è un altro battesimo che tutti dobbiamo sempre ricevere e di questo noi dobbiamo preoccuparci di più a chiedere al Signore: il fuoco del suo amore, la passione per il bene, la lotta contro il peccato e il male che abitano la nostra umanità.

Sia lodato Gesù Cristo