“Come furono i giorni di Noè”. È emblematica la storia di Noè preso come paradigma della nostra vita. I tempi di Noè sono i miei tempi, la mia vita. In questa prima parte dell’avvento siamo invitati ad entrare nel mistero del tempo su questa terra. Come noi viviamo il nostro tempo? Che cosa ci dice la storia di Noè? Noi passiamo la maggior parte del nostro tempo inconsapevoli di quello che avverrà: “mangiavano, bevevano, prendevano moglie e marito senza accorgersi di nulla”. Questa è la triste realtà dell’umanità! Quanti uomini e donne vivono in questo “pacifico” dramma. Quando solitamente ci arriva una cosiddetta “tegola” sulla nostra testa, all’improvviso siamo catapultati in un mondo che prima non ci apparteneva; questo solitamente non avviene gradualmente, ma dall’oggi al domani. Un lutto, una disgrazia, una malattia, una preoccupazione, un’ansia, come del resto anche gioie improvvise, buone notizie ci raggiungono in modo improvviso.

Le azioni di questi uomini non sono negative perché sono cose che facciamo tutti noi, ma non sono vissute in funzione dell’eternità, dell’incontro con il Signore. Noi solitamente pensiamo di curare le nostre relazioni, la nostra affettività (prendere moglie e prendere marito) e i nostri bisogni (mangiare e bere) come se queste realtà dovessero durare per sempre su questa terra, senza curarci che la nostra vita domani avrà dei cambiamenti, degli stravolgimenti, delle battute d’arresto, delle sconfitte e poi una fine. A queste non ci prepariamo mai, a queste non siamo mai pronti perché pensiamo alla relazione con il Signore come ad una realtà ultima relegata in fondo alla vita. L’avvento ci dice che oggi io posso e devo incontrare il Signore se mi alleno a riconoscerlo ogni giorno come se fosse l’ultimo; è oggi che il Signore viene a farmi visita. “E’ ormai tempo di svegliarvi dal sonno, perché adesso la nostra salvezza è più vicina di quando diventammo credenti”. Non si tratta di una salvezza che io raggiungo con il passare degli anni in modo più o meno consapevole, ma è adesso che questa salvezza si è fatta prossima, ora che siamo credenti su questa terra. Questo “sonno” di cui ci parla san Paolo è il vivere come ai tempi di Noè, pensare di non fare i conti con nessuno se non con se stessi e con le mie relazioni interpersonali. Quel “vegliate” sta proprio ad indicare che è oggi che il Signore viene a farmi visita e mi dona la sua salvezza. Chi non compie questo passaggio potrà solo sperimentare la sua vita come un furto, come qualcosa di cui io sono stato privato. Saremo sempre lì a recriminare Dio perché ci ha tolto un bene che prima avevamo e adesso non ho più. Sperimenterà Dio come ingiusto e ladro. Chi è capace a vivere tutte le sue relazioni e i suoi bisogni in funzione di Dio e dei beni eterni non potrà stupirsi più di tanto se dovesse subire qualche privazione perché dice: “tanto lo sapevo… è il Signore che viene a visitarmi!”.

Interessanti sono le immagini dei due uomini e delle due donne. Uno viene preso e l’altro lasciato, così avviene anche per le due donne: una viene presa e l’altra lasciata. Il campo e la mola sono il simbolo della nostra quotidianità. Entrambe le coppie compiono gli stessi gesti, le stesse cose, all’esterno non c’è nessuna differenza; ciò che fa la differenza è la loro interiorità. È solo alla fine che si vedrà a chi ho dato fiducia. Ripeto! È solo nella nostra quotidianità che il Signore viene e lo posso incontrare. Chi continua a demandare al domani pensando d’incontrarlo in situazioni più favorevoli non lo incontrerà mai. Chi viene preso ha raggiunto quella maturità umana e spirituale che è capace a lasciare tutto dietro a sé perché attendeva il passaggio del Signore da sempre; chi invece viene lasciato rimane attaccato in quei beni in cui aveva confidato, ma perdendo il “treno della vita eterna”.

L’avvento è un tempo stupendo e meraviglioso proprio per questo motivo: ci fa andare all’essenziale. Chi coglie l’essenziale coglie la verità della vita; spoglia la vita di tutte quelle complicazioni, quei sotterfugi, di quegli alibi che ci fanno tanto comodo perché sembrano che ci facilitino la vita, ma in realtà ce la complicano ancora di più.