Anche in questa domenica ritroviamo la figura di un pubblicano. Non un pubblicano chiunque, anonimo come quello del tempio, ma il capo dei pubblicani: Zaccheo. Un uomo che si era arricchito attraverso la sua professione di esattore delle tasse in un punto strategico come quello di Gerico passaggio obbligato per le carovane e le mercanzie. Insomma in questa città c’era la dogana. Sicuramente fu un uomo che si era arricchito non solo lecitamente secondo la legge romana, ma anche rubando, ricevendo compensi, concussione, corruzione. Potete immaginare l’odio della gente: un intoccabile ma nello stesso tempo un uomo solo; il muro di persone che stanno davanti a lui ne testimonia il rifiuto e il disprezzo. Per curiosità o forse anche per un desiderio di cambiare vita, Zaccheo fa una cosa alquanto strana, oserei dire buffa e non conveniente per un ricco: corre avanti e sale su un albero. Chissà quante volte lo avrà fatto da ragazzino ma che non faceva più ormai da tempo! Eppure quell’azione infantile diventa il “trampolino di lancio” per “saltare” in braccio a Gesù. Voleva colmare il suo desiderio di vedere almeno quel maestro famoso di cui tutti parlavano ma nello stesso tempo voleva nascondersi dietro le fronde dell’albero. Sperava in un incontro ma nello stesso tempo voleva rimanere nascosto perché non si sentiva come gli altri che avevano buon diritto di salutare e di ricevere da Gesù delle grazie speciali. In sintesi potremmo dire un uomo che rimane sulla soglia. Quanti cristiani rimangono semplicemente sulla soglia della fede, della Chiesa perché si pensa di non essere come gli altri? Oppure di non essere così diverso dagli altri adeguandoci a quello che pensano o fanno tutti. A volte ci sono degli “alberi” che ci salvano e ci fanno risvegliare il desiderio d’incontrare Gesù. Ci sono degli “alberi” nei quali siamo saliti e sui quali ci siamo sentiti invitare da Gesù? Se da una parte la presunzione di essere senza peccato del fariseo di domenica scorsa c’impedisce di essere accolti da Dio, l’eccessivo sentimento della propria indegnità di fronte a Dio ci limita in un autentico incontro con il Signore. La distanza abissale che noi percepiamo nei confronti di Dio non è per Dio un ostacolo, non è la stessa percezione che Dio nei nostri confronti. Mentre gli uomini creano distanze, Dio cerca prossimità: “Tu infatti ami tutte le cose che esistono e non provi disgusto per nessuna delle cose che hai creato; se avessi odiato qualcosa, non l’avresti neppure formata”. “Zaccheo, scendi subito perché oggi è necessario che io rimanga”. Gesù ferma bruscamente il suo percorso a Gerusalemme perché diventa un obbligo, una necessità. Non si tratta di una visita di cortesia, ma Gesù è costretto a fermarsi senza un invito esplicito di Zaccheo.

Lo scandalo della gente: “è andato ad alloggiare da un peccatore”. Ma forse lo scandalo più grande è un altro! Gesù non chiede a Zaccheo di convertirsi! Non gli chiede nulla. Secondo il suo stile e di quello che conosciamo dai vangeli Gesù non ha mai preteso la conversione quando si sedeva alla mensa con i peccatori. Dio non ci chiede prima la conversione, ma ci offre la sua amicizia. La conversione è sempre il frutto di un incontro, di un’alleanza, di un’amicizia solida. Noi come i farisei e la folla pretendiamo prima una conversione per meritare l’amicizia di Dio.

La salvezza raggiunge il suo compimento nel momento in cui Zaccheo si alza perché sa di aver ritrovato se stesso. La salvezza consiste nel ritrovare noi stessi, la nostra vera identità, nel non aver paura di riconoscere i nostri sbagli, i nostri errori, i nostri peccati. È quando abbiamo il coraggio di agire che cadono tutte le nostre maschere, le nostre falsità, i nostri sotterfugi.

Sia lodato Gesù Cristo.