Omelie

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XXXII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C)

[…] Non è possibile che tutto si concluda con la morte. A che serve realizzarci su questa terra se ciò non ha uno sbocco oltre la morte? Se i miei atti, i gesti quotidiani, i miei affetti si perdono nel vuoto lasciato dalla mia morte? È possibile amare pienamente senza la speranza nella resurrezione? Forse è questa la domanda giusta da porre.

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Solennità di tutti i Santi

Il libro dell’Apocalisse che abbiamo ascoltato ci rivela una verità fondamentale. Molti uomini hanno lasciato la loro impronta, le loro tracce, nella nostra storia, ma chi ha dato un senso alla storia sono altri: i santi! Sì, noi oggi contempliamo il senso della storia, l’epilogo felice di ogni esistenza, la risposta, anche se ancora da realizzare, a tutte le nostre domande. Questa festa ci dice chi sono davvero i grandi della Terra. Sono coloro che si sono lasciati afferrare dall’Eterno, dal Trascendente, coloro che sono entrati nel mistero pasquale di Gesù di sofferenza, morte e resurrezione. Ciò che rende santa una persona non sono le estasi, i miracoli, ma l’accoglienza nella propria vita di questo mistero pasquale, la sua solidarietà con la passione di Cristo. Nessuno più dei Santi ha vissuto con i piedi per terra ma con lo sguardo rivolto ai Beni del Cielo. Hanno incarnato nella loro vita la passione di Gesù.

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XXXI Domenica del Tempo Ordinario (Anno C)

Anche in questa domenica ritroviamo la figura di un pubblicano. Non un pubblicano chiunque, anonimo come quello del tempio, ma il capo dei pubblicani: Zaccheo. Un uomo che si era arricchito attraverso la sua professione di esattore delle tasse in un punto strategico come quello di Gerico passaggio obbligato per le carovane e le mercanzie. Insomma in questa città c’era la dogana. Sicuramente fu un uomo che si era arricchito non solo lecitamente secondo la legge romana, ma anche rubando, ricevendo compensi, concussione, corruzione. Potete immaginare l’odio della gente: un intoccabile ma nello stesso tempo un uomo solo; il muro di persone che stanno davanti a lui ne testimonia il rifiuto e il disprezzo.

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XXX Domenica del Tempo Ordinario (Anno C)

Ancora una volta la liturgia della Parola ci fa ritornare sul tema della preghiera. Mentre domenica scorsa il Vangelo si è soffermato sulla necessità di pregare sempre senza stancarsi mai, oggi il Vangelo ci dice come pregare, come metterci in relazione con il Padre. Il Siracide ci dice che Dio non fa preferenze di persone; ma è vero anche il contrario che Dio ascolta la preghiera degli umili, dei poveri, degli oppressi. C’è una preghiera che Dio ascolta, che arriva a destinazione, che buca le nubi, che arriva direttamente a Diol.

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XXIX Domenica del Tempo Ordinario (Anno C)

Oggi nella cultura dei desideri dove il bisogno deve essere sempre soddisfatto per crearne altri il tema della preghiera risulta fuori luogo e lasciata all’iniziativa di coloro che hanno “tempo da perdere”. Per molti la preghiera risulta non necessaria e fondante la vita di tutti i giorni. Mentre siamo abituati a possedere le cose in modo più o meno istantaneo in base ai nostri desideri, la preghiera ci mette in quella situazione di attesa, di pazienza di perseveranza dove il nostro interlocutore non lo possiamo vedere e dove egli non ci risponde alla maniera umana; ci da fastidio metterci in quell’atteggiamento della vedova che va a mendicare giustizia dal quel giudice iniquo della parabola. In fondo pregare significa mendicare in modo permanente davanti al Signore.

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XXVIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C)

Non c’è racconto più bello che ascoltare dal Vangelo un’opera di guarigione di Gesù. L’episodio dei dieci lebbrosi si sarebbe potuto esaurire con il comando di Gesù: “andate a presentarvi dai sacerdoti”. Un grande atto di fede lo avevano compiuto dal momento che non erano stati guariti subito, ma si erano dovuti fidare di quelle parole e solo durante il cammino vennero guariti. Luca continua il suo racconto manifestandoci un altro episodio inaspettato: il ritorno di uno solo da Gesù per ringraziarlo! Solo lui riceve la salvezza: “Alzati e va, la tua fede ti ha salvato”. In che cosa allora consiste la salvezza se tutti sono stati guariti, ma a uno solo Gesù ha detto di essere stato salvato? Possiamo essere guariti e non salvati? La salvezza consiste nel dire il nostro grazie a Dio, significa metterci in relazione con lui.

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XXVII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C)

“Signore, aumenta la nostra fede”: è la richiesta dei discepoli di fronte alla possibilità di dare scandalo ai più piccoli e la necessità di perdonare sempre il fratello che commette una colpa. Di fronte a questo gli apostoli sentono il desiderio di chiedere una fede più grande, non si sentono all’altezza di dare testimonianza di amore e di perdono. Abbiamo paura che se il Signore non aumenta la nostra fede noi non possiamo vivere le esigenze del nostro battesimo; in realtà anche la nostra poca fede può già compiere grandi cose, che prima risultavano impensabili. Gesù vuole partire dalla nostra poca fede perché se attendessimo la fede ideale non saremmo in grado mai di agire come si conviene. Quante volte diciamo che non ho abbastanza fede per compiere un gesto di perdono, di coraggio, di disponibilità? Pensiamo che per essere cristiani bisogna raggiungere un certo livello! Alcune mie domande: chi è che misura la fede? Quando posso dire di aver raggiunto una fede sufficientemente matura? La fede si può misurare? È una questione di quantità o di qualità?

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XXV Domenica del Tempo Ordinario (Anno C)

Un uomo ricco chiede la resa dei conti al suo amministratore accusato di sperperare i suoi beni. Inizia così la nostra parabola! È semplicemente la constatazione del fallimento di una vita, il fatto di rendere conto del nostro vissuto. Potremmo domandarci: la vita è alla fine una resa dei conti con Dio? E se poi falliamo, perché questa è la nostra più grande paura, che ne sarà di noi? Potremmo ricollegarci a quello che abbiamo detto domenica scorsa a riguardo della giustizia di Dio.

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XXIV Domenica del Tempo Ordinario (Anno C)

La prima lettura è il brano molto conosciuto del vitello d’oro e sicuramente non può non colpirci la determinazione di Dio di fronte all’immagine che si erano fatti di un idolo: “ho osservato questo Popolo: ecco, è un Popolo dalla dura cervice. Ora lascia che la mia ira si accenda contro di loro e li divori. Di te invece farò una grande nazione”. Sembra questo testo rappresentarci un Dio mutevole, non affidabile, un Dio che come gli uomini si stanca perché anche lui “perde la pazienza”. E ancora: può Dio pentirsi del male che voleva minacciare? In realtà il testo vuole affermare proprio il contrario perché questo tipo di ragionamento rappresenta una nostra proiezione su Dio: questo semmai potrebbe rappresentare il nostro pensiero; il sospetto, cioè che Dio agisca come noi uomini.

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XXIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C)

Il Vangelo di oggi è sicuramente quello più radicale, anche duro da ascoltare e farlo diventare parte integrante della nostra vita. Ma ormai sappiamo molto bene - è per quello che non ci abituiamo mai ad ascoltare il vangelo – che Gesù procede per paradossi con immagini forti che ci spingono a pensare che questo è possibile forse per alcuni, ma non per me. Eppure questo è Vangelo, è buona notizia anche per me. Se dovessi scegliere le pagine di Vangelo che più mi piacciono e dovessi tralasciarne altre è meglio non aprire il Vangelo. Non possiamo pensare che questo Vangelo sia qualche cosa di arcaico che non corrisponde più alla mentalità di oggi.

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XXII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C)

“Avvenne che un sabato Gesù si recò a casa di uno dei capi dei farisei per pranzare ed essi stavano ad osservarlo”. Gesù viene tenuto sott’occhio per vedere che cosa avrebbe compiuto. Questo versetto si riferisce in modo diretto alla guarigione dell’idropico. Era consuetudine dopo la liturgia sinagogale invitare amici, parenti e si aiutavano anche poveri per ringraziare il Signore nel giorno festivo. Non era inusuale l’intrusione di poveri alla mensa di un ricco o capi del popolo. Sicuramente i poveri non potevano che scegliere gli ultimi posti, seduti per terra, rintanati in un angolo, aspettando qualcuno che porgesse loro qualcosa da mangiare.

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XVIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C)

Secondo l’uso del tempo i rabbì, cioè i maestri della Legge, dovevano occuparsi di dirimere le questioni riguardanti le eredità. Gesù viene interpellato appunto in questa veste di autorità religiosa. In Israele c’erano regole precise nella suddivisione dei beni paterni, ma molto spesso non bastavano. Gesù pone una domanda a se stesso che spiazza quell’uomo. Certo Gesù è davvero giudice e mediatore ma non delle cose di questo mondo che sono passeggere, caduche, che non durano; Gesù è giudice e mediatore ma di beni eterni, è il tesoriere dei beni che appartengono a Dio.

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XVII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C)

“Signore, insegnaci a pregare”. La preghiera non è qualcosa che c’inventiamo da soli, ma avviene per un insegnamento, o meglio per un esempio. Noi tutti abbiamo imparato i rudimenti della preghiera dai nostri genitori, dai nostri nonni soprattutto per la loro esemplarità. Noi non potremmo pregare se non ci fosse nessuno a farcelo vedere, sperimentare. Il desiderio dei discepoli nasce dall’esemplarità di Gesù, dal modo con cui pregava. L’insegnamento nella preghiera comporta anche una continua applicazione in questa arte. Non si finirà mai d’imparare a pregare perché ogni giorno bisogna mettersi in modo sempre nuovo di fronte a se stessi e a Dio; la prima cosa che s’impara sono le battute d’arresto, le aridità, l’accidia, la tentazione di pensare che sia inutile. S’impara che la preghiera è prima di tutto lotta.

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XVI Domenica del Tempo Ordinario (Anno C)

Nella prima lettura viene narrato l’incontro di Abramo con Dio attraverso l’accoglienza di tre ospiti che poi si riveleranno come tre figure angeliche. L’ospitalità, considerata sacrosanta in queste zone desertiche, era la forma più diffusa e quella più praticata: diventava questione di vita o di morte; accogliere dei viandanti nel deserto equivaleva ad accogliere Dio stesso sotto la propria tenda. L’ospite veniva prima di se stessi e dei propri beni. La nostra cultura egoistica purtroppo ha rovesciato totalmente questo valore biblico radicato nella cultura cristiana. Con la scristianizzazione della società è venuto meno anche il valore dell’accoglienza e tutti facciamo esperienza dell’enorme difficoltà ad accogliere persone diverse da noi. Il sospetto, la paura, l’indifferenza, la desacralizzazione dell’uomo che c’impedisce di vedere Dio nei fratelli sono i nuovi mali e il peccato sociale del mondo di oggi.

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XIV Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) Madonna delle Grazie

Oggi riviviamo nella liturgia il tema della gioia, dell’esultanza. Da una situazione di esilio, di lontananza forzata il Popolo è condotto come un bambino nelle braccia di una madre rappresentata da Gerusalemme che accoglie i suoi figli. Che cosa c’è di più bello dell’incontro di una madre che ritrova il proprio figlio perduto? È forse la gioia più grande, più intensa e più bella che si possa sperimentare. La gioia deriva dalla risoluzione di un problema o dall’incontro con una persona? È vero che gli esuli avevano risolto il problema della liberazione con il ritorno del resto, ma non basta per sperimentare la gioia, occorre che ci sia qualcuno che ci accolga.

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XIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C)

“Sei tu, Signore, il mio unico bene”. Può affermarlo chi ha posto in Dio l’unica certezza della vita; solo chi non ha paura di accettare tutte le esigenze che il Vangelo ci offre.

Se non ci abbandoniamo completamente a Dio e alla sua volontà non possiamo affermare che Lui sia il nostro unico bene. C’è in noi il desiderio di seguire Gesù. Quel “ti seguirò ovunque tu vada” dice con sincerità una disponibilità ma secondo i nostri calcoli, secondo i nostri orizzonti puramente umani. È l’esperienza di Pietro di domenica scorsa che dice: “Tu sei il Cristo di Dio” ma non ha ancora sperimentato nella sua vita la portata di quella risposta.

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XI Domenica del Tempo Ordinario (Anno C)

La prima lettura ci dà sempre la chiave di lettura per leggere il Vangelo. Il Vangelo è questo scrigno segreto con un tesoro immenso da scoprire e l’Antico Testamento ne è la chiave per aprire i tesori della sapienza evangelica. La seconda lettura rappresenta invece la conferma che quello che dice la Scrittura è vero e degno di essere accolto: una sorta di epilogo conclusivo; insieme alle molteplici ricchezze che troviamo nello scrigno prendiamo solo la perla preziosa.

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X Domenica del Tempo Ordinario (Anno C)

Nell’episodio della vedova di Sarepta di Sidone ritroviamo la nostra esperienza. La vita è fatta di problemi, a volte che durano anni e che forse neanche si risolvono; è fatta di precarietà, una vita famigliare ferita come per questa donna che si ritrova ad essere sola senza più un marito, senza nessuno e per di più la malattia e la morte del suo unico figlio. Sembra che quando inizia un problema sia inevitabile che subentrino altri problemi senza lasciarci un attimo di pausa.

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Solennità del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo (Anno C)

Il testo della prima lettura ci narra un episodio che ci pone parecchi interrogativi. Abramo è nel mezzo di una guerra tra re che si coalizzano e si combattono e in questa storia di lotte cade prigioniero Lot, nipote di Abramo che egli stesso andrà a liberare. In questo contesto appare questo personaggio misterioso re e sacerdote Melchisedek che offre pane e vino. Nonostante i pochi versetti questo episodio ebbe grande risonanza nel nuovo testamento come prefigurazione di Cristo e dell’eucarestia.

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Domenica di Pentecoste (Anno C)

La Pentecoste è il culmine del tempo di Pasqua. Con oggi finisce la rivelazione pubblica portata da Gesù ed inizia la rivelazione di Dio nella nostra vita. È il tempo nel quale noi viviamo il nostro essere credenti, è il motore invisibile della nostra fede, speranza e carità. È quella realtà che Dio ha scelto per stare sempre con le proprie creature se noi lo vogliamo e lo desideriamo.

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