Nell’episodio della vedova di Sarepta di Sidone ritroviamo la nostra esperienza. La vita è fatta di problemi, a volte che durano anni e che forse neanche si risolvono; è fatta di precarietà, una vita famigliare ferita come per questa donna che si ritrova ad essere sola senza più un marito, senza nessuno e per di più la malattia e la morte del suo unico figlio. Sembra che quando inizia un problema sia inevitabile che subentrino altri problemi senza lasciarci un attimo di pausa. Ci sentiamo subito vittime del fato o della mala sorte che ci accompagna come un destino crudele che è toccato proprio a noi. Forse siamo disposti ad accettare i problemi della vita, ma vorremmo che questi si presentassero a noi uno alla volta. Allora anche per noi subentrano le stesse domande della donna: “Che cosa c’è tra me e te, o uomo di Dio? Sei venuto da me per rinnovare il ricordo della colpa e per far morire mio figlio?”. Possiamo renderle chiare con altrettante domande: “A che cosa serve un uomo di Dio se non è capace a pregare il suo Dio perché salvi il mio bambino?”; “qual è la ragione di questa perdita?”, “è per il peccato o per un capriccio di Dio?”. Sono domande che si rivolge anche Elia imbarazzato: “perché hai illuso questa donna donandole farina e olio per poi farle morire il figlio?”. E poi: “l’uomo di Dio è colui che marca una distanza o che colma le distanze?”.

Sicuramente sono le stesse domande che si è posta la vedova di Nain del Vangelo.

Dio non guarda al nostro peccato, né al nostro passato. Dio non è un aguzzino pronto a sferrare il colpo di grazia e l’uomo di Dio non esiste per farci sentire in colpa, ma per farci sperimentare la vicinanza di Dio dove soprattutto facciamo più fatica a trovarla. “Dammi tuo figlio”: la provvidenza che sperimenta la donna è prima di tutto una consegna; bisogna prima consegnarsi a Dio per trovare il suo aiuto. Noi vorremmo sperimentare il suo aiuto senza confidare nella sua provvidenza. Egli è colui che ha compassione dell’uomo e Gesù manifesta questo volto di Dio. La morte è qualcosa che turba anche Gesù perché non fa parte del progetto di Dio e ci dice che la morte è solo il passaggio ad una vita piena. Mentre c’è il corteo del figlio della vedova che esce dalla città, c’è un altro corteo quello di Gesù che entra nella città. Nella passione di Gesù ci sarà un mirabile scambio: mentre Gesù porta la sua croce con un corteo di empi e muore fuori della città, l’uomo entra nella città eterna del Cielo: la nuova Gerusalemme. Gesù non si sostituisce a noi, ma ci è vicino perché anche noi possiamo sperimentare la sua provvidenza, il suo abbandono fiducioso al Padre, molte volte non come noi ci aspetteremmo. Dobbiamo davvero credere che Dio ci viene a visitare nella nostra vita, che è dalla nostra parte anche se avremo la costante tentazione di mettere in dubbio questa verità.

“Questa vita di fede è una continua rivelazione di Dio, è una comunione con lui che si rinnova incessantemente. È un mondo interiore ricco di pace, di gioia e di amore che diventa un paradiso anticipato, anche se coperto di tenebre. Lo Spirito di Dio, che guida misteriosamente ogni cosa al bene, nel giorno della morte dirà: “sia fatta luce”, allora vedrà i tesori racchiusi nella fede”

San Leonardo Murialdo