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Solennità di tutti i Santi (omelia)

È bello poter celebrare la solennità di Ognissanti in questo luogo dove abbiamo i nostri cari defunti. Oggi qui si respira il profumo dei fiori freschi che ci richiama il profumo della santità. È il luogo più idoneo dove noi sperimentiamo la “comunione dei santi”: la Chiesa pellegrina su questa terra insieme alla Chiesa del Cielo con i nostri cari defunti. Questo è un luogo di santità e di santificazione perché qui, tra i nostri cari, ci sono dei santi, ma ci sono anche coloro che stanno compiendo il cammino di purificazione per arrivare alla piena maturità. Noi siamo qui per loro, per aiutarli, ma anche loro ci aiutano a recuperare quella nostalgia della santità, del bello e del vero: il nostro anelito di Dio e del Paradiso. Il cimitero non è altro che l’anticamera del Paradiso, dove iniziamo a sperimentare la solidarietà tra di noi, dove veniamo radunati non per necessità, ma per affetto, per compassione.

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Festa di Halloween in oratorio?

Cari parrocchiani,

visto che sono arrivate parecchie critiche tacite e manifeste sul fatto che quest’anno si sia svolta una “festa di halloween” in oratorio in collaborazione con altre associazioni mi preme fare alcune precisazioni. Prima di tutto l’oratorio non è stato l’ente promotore di tale iniziativa ma “bazar 99 cent” secondo la locandina che è stata affissa in qualche negozio. Purtroppo è “sfuggito” un logo in più, quello dell’Oratorio che semplicemente non doveva apparire, ma non ne faccio un dramma. L’oratorio ha messo a disposizione solo la struttura per la parte logistica e i bambini hanno partecipato per circa una mezz’ora in un’attività per le vie del Paese, concludendo il tutto con una preghiera, una merenda con cioccolata calda offerta gentilmente dall’associazione degli Alpini. So che questa festa purtroppo crea divisioni ma vorrei con voi riflettere un po’ su che cosa sia Halloween. Recentemente è apparso su Famiglia Cristiana, autorevole settimanale cattolico, precisamente quello del 26/10/2017 questo articolo che riproduco per esteso:

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XXX Domenica del Tempo Ordinario (Anno A)

«Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?»

Gli rispose: «“Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente”. Questo è il grande e primo comandamento. Il secondo poi è simile a quello: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti»

Il verbo amare è il verbo più bello del mondo. È quella realtà che tutti conosciamo ma a cui non siamo in grado di dare una definizione o, meglio, a cui ognuno di noi ne darebbe una diversa dall’altra. Spesso usiamo la parola “amore” come sostantivo e non come verbo: si sente spesso parlare di amore (ad esempio nella triade: lavoro, fortuna, amore), ma si sente poco la forma verbale di amare e non ci capita mai di sentire la forma futura: “amerai”.

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Disponibile il DVD dell'Oratorio Estivo 2017

Sono disponibili in oratorio le prime copie del DVD con tutte le fotografie e i video dell'Oratorio Estivo 2017!

Il DVD potrà essere ritirato presso l'oratorio di Nole, tutti i sabati pomeriggio dalle 15 alle 18, dando un'offerta che contribuirà alle spese delle attività oratoriali.

Chi ne avesse già riservata una copia potrà ritirarla nei medesimi orari.

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XXVII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A)

Oggi, come anche domenica scorsa, ci viene mostrata l’immagine della vigna. La vigna è il simbolo privilegiato per descrivere il rapporto tra Dio e il suo Popolo. Nel salmo che abbiamo pregato Dio sradica addirittura la sua vigna dall’Egitto per trapiantarla in una terra dove possa fruttificare. Che cosa ci dice questa immagine, questa metafora della vigna? Ci dice un fare, un affaticarsi, un Dio che si prende cura del suo popolo. Dio è sempre all’opera: è un lavoratore che esprime il suo amore. L’amore è un lavoro, una fatica. Noi contemporanei purtroppo abbiamo ridotto l’amore semplicemente ad un “riposo”, ad un vago o “svago” sentimento che ci fa star bene con noi stessi e con gli altri, un amore che in realtà non costruisce nulla, che non forgia la nostra personalità, il nostro carattere.

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XXVI Domenica del Tempo Ordinario (Anno A)

La parabola che abbiamo ascoltato oggi nel Vangelo (Mt 21,28-32) è la prima di una serie di parabole dette “di rottura” perché Gesù le pronuncia contro i capi dei giudei, i notabili del tempio, gli scribi e i farisei. In questa prima parabola il figlio che dice subito di sì, ma poi non va a lavorare nella vigna, rappresenta un’intera categoria di persone profondamente religiose che si ritengono dalla parte di Dio, ma in realtà sono incapaci di misericordia con i peccatori perché considerati gente maledetta. I pubblicani e le prostitute sono invece coloro che hanno detto di no a Dio, ma sono poi subito pronti ad accogliere l’invito alla conversione del Battista.

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Pellegrinaggio in Terra Santa (2018)

La parrocchia organizza, con l'Opera Diocesana Pellegrinaggi, un pellegrinaggio in Terra Santa dal 2 all'8 aprile 2018.

Il documento allegato contiene il programma indicativo del pellegrinaggio, le quote di iscrizioni e le condizioni per la partecipazione.

Le iscrizioni saranno aperte in parrocchia fino a esaurimento dei posti disponibili e non oltre il 18 dicembre 2017.

Programma indicativo

Scarica l'allegato.

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XXIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A)

Il tema della correzione e dell’ammonizione del fratello è un tema al quale spesso non pensiamo mai perché è un tema difficile da concretizzare nella nostra vita e soprattutto perché insorgono paure e timori. Non solo chi ha responsabilità dirette su altre persone in particolare, ma la liturgia della Parola ci dice che tutti siamo responsabili degli altri. Non si tratta di avere un coraggio sopra la media, ma la correzione richiede un profondo senso di fede. La maturità di fede consiste nel sentirsi feriti nel peccato in quanto tale e non solo in quanto il male coinvolge la mia persona. Essa si oppone a quel silenzio complice che non vuole fastidi o crearsi inimicizie; è dettata da false autogiustificazioni: “è una questione che non mi riguarda”; “chi si fa gli affari suoi campa cent’anni”. Siamo subito pronti a trovare mille motivi per non denunciare il male. In fondo c’è sempre quella sottile presunzione che la salvezza riguardi l’individualità.

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XXII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A)

Il profeta Geremia è in piena crisi di fede. Quel Dio che lo conosceva fin dal “grembo materno” sembra che non lo conosca così bene; che lo abbia creato per abbandonarlo a se stesso, che lo abbia lasciato in balìa dei suoi avversari che non hanno pietà. Lui è “obbligato” dalla Parola di Dio a gridare: “violenza e oppressione”, cioè a manifestare al Popolo la sua ingiustizia, la sua perversità, mentre avrebbe un grande desiderio di dire: “state tranquilli, mi ero sbagliato”. È sul punto di abbandonare tutto: “non penserò più a lui, non parlerò più in suo nome”. Si ricorda dei bei momenti di quando sentiva una forte passione e attrazione per Dio: “Mi hai sedotto, Signore e io mi sono lasciato sedurre”. Ma ormai quella frase ha un sapore ironico: “mi hai sedotto, Signore e io ci sono cascato!”. A un certo punto della vita si pone nel profeta questa domanda: era vera vocazione? O si trattava di un abbaglio, di un inganno? La fede è sicuramente gioia, ma ancor di più scandalo; è la gioia di riconoscere Gesù come il Cristo, il figlio del Dio vivente, ma è anche lo scandalo della croce che Gesù rivela a Pietro con un rimprovero.

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XIV Domenica del Tempo Ordinario (Anno A)

Il profeta Zaccaria ci presenta un re ideale che entra in Gerusalemme con un atteggiamento diverso dai re di tutta la terra. I re entravano trionfanti nelle città conquistate ostentando i bottini di guerra, gli schiavi, i tesori depredati mentre questo re entra in modo umile attraverso una cavalcatura umile di un’asina, porta la pace non con la forza, il sopruso e la paura ma con la mitezza e l’umiltà. Il profeta ci preannuncia il futuro re davidico che non sarà come gli altri. Questa profezia si è realizzata con la venuta di Gesù che ci rivela l’atteggiamento di Dio nei confronti dell’umanità. Dio viene a noi nell’umiltà e porta la sua pace, la sua salvezza attraverso la non violenza. Gli uomini pretendono di portare la pace attraverso degli atti di forza e di prevaricazione. Viviamo nella logica mondana quando facciamo prevalere l’imposizione di questa pace che non potrà mai essere duratura, ma che si fonda sulla paura e sulla mancanza di dialogo. Oggi chi fa la voce grossa, chi urla, chi sfoga la sua ira anche se nella giustizia non potrà mai portare quella pace che Gesù ci propone. Potremmo vincere la battaglia ma aver perso la relazione con il fratello perché la vera pace non si basa su chi ha ragione ma sulla relazione stabile e duratura.

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XII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A)

La fede è una lotta contro la paura; contro la paura degli uomini che possono condizionare la nostra scelta cristiana. La fede esige coraggio per dare una testimonianza chiara di vita cristiana. Non esiste una fede intima, ma esiste una fede annunciata, condivisa. La paura è la grande nemica della fede e nessuno di noi è immune da questa malattia: chi più, chi meno e penso che nelle diverse situazioni della vita ce ne accorgiamo. Una paura è quella sicuramente del rispetto umano quando pensiamo che la fede sia ciò che deve nascere spontaneamente senza condizionamenti esterni.

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Solennità del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo (Anno A)

“Come può costui darci la sua carne da mangiare?” La domanda lecita e incredula dei Giudei diventa la domanda di ogni cristiano, la domanda per comprendere sempre più in profondità il mistero dell’eucarestia. Si tratta del primo annuncio eucaristico di Gesù e già la gente mormora e protesta come il Popolo d’Israele nel deserto che non credeva al Dio vicino, presente e operante: “Il Signore è presente in mezzo a noi, sì o no?”. In fin dei conti quello che non accettano i Giudei è proprio un Dio vicino, ma che risulta debole, che si lascia “mangiare” dagli uomini. Del resto anche l’antico Popolo non accettava un Dio vicino che però non interveniva tutte le volte: in loro nacque il dubbio se Dio fosse in mezzo a loro oppure no. Quello che vorrebbero è invece un Dio grande e lontano. Nell’eucaristia Dio si presenta come il Dio in mezzo a noi nella sua massima espressione, ma che appare debole perché si presenta nelle specie umili del pane e del vino.

Corpus Domini

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Solennità della Santissima Trinità (Anno A)

La prima lettura è il racconto del rinnovamento dell’alleanza distrutta dalla disobbedienza del Popolo con l’episodio del vitello d’oro. Il Popolo non tardò a rappresentarsi Dio sotto le sembianze di un toro, o meglio di un giovenco. Infatti non si trattò subito di idolatria, ma di rappresentarsi il Dio che li aveva fatti uscire dall’Egitto con forza e potenza. Se davvero aveva rivelato il suo nome a Mosè nel roveto ardente: “Io sono colui che sono” cioè colui che è presente, il Dio vicino, non poteva rimanere nascosto, non essere reso “visibile”.

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Ascensione del Signore (Anno A)

Il mistero dell’incarnazione del Dio-con-noi, dell’Emmanuele, si realizza ora pienamente con la sua ascensione: “Io sono con voi tutti i giorni sino alla fine del mondo”. Matteo realizza questa grande inclusione del suo Vangelo. L’ascensione indica il passaggio definitivo alla gloria, il passaggio all’eternità. Ma che cosa rappresenta l’ascensione? Si tratta di un abbandono? Si tratta di una partenza? In effetti Matteo non ci lascia mancare un breve annotazione che ci fa pensare proprio a questa eventualità: “Essi però dubitarono”. Qual è il dubbio che si cela nel cuore dei discepoli? Proprio la paura che si tratti di un abbandono, di una partenza; o peggio che le apparizioni siano state una bella svista collettiva, che in fin dei conti Gesù non sia mai risorto. È il dubbio atroce che Dio non sia capace a rimanere con l’uomo per sempre. Non è anche il nostro dubbio? La nostra incertezza?

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