Corpus Domini

“Come può costui darci la sua carne da mangiare?” La domanda lecita e incredula dei Giudei diventa la domanda di ogni cristiano, la domanda per comprendere sempre più in profondità il mistero dell’eucarestia. Si tratta del primo annuncio eucaristico di Gesù e già la gente mormora e protesta come il Popolo d’Israele nel deserto che non credeva al Dio vicino, presente e operante: “Il Signore è presente in mezzo a noi, sì o no?”. In fin dei conti quello che non accettano i Giudei è proprio un Dio vicino, ma che risulta debole, che si lascia “mangiare” dagli uomini. Del resto anche l’antico Popolo non accettava un Dio vicino che però non interveniva tutte le volte: in loro nacque il dubbio se Dio fosse in mezzo a loro oppure no. Quello che vorrebbero è invece un Dio grande e lontano. Nell’eucaristia Dio si presenta come il Dio in mezzo a noi nella sua massima espressione, ma che appare debole perché si presenta nelle specie umili del pane e del vino.

Corpus Domini

“Se non mangiate la carne del figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue non avete in voi la vita”. Gesù avrebbe potuto soffermarsi su un semplice discorso metaforico: in realtà quel “cibo” indica simbolicamente la mia carne, ma non lo è. Gesù non rinuncia al realismo. Egli ci dice che la fede nel Dio incarnato presuppone un Dio corpo che si fa cibo e nutrimento per noi. Solo se Dio diventa corpo può afferrare la nostra natura corporea; solo se Dio diventa tangibile può raggiungerci come salvezza e rendere immortale la nostra natura destinata alla corruzione. La prima caratteristica del pane eucaristico è proprio l’incorruttibilità. La Chiesa non ha mai rinunciato ad affermare la presenza reale di Cristo nell’eucarestia. Come è possibile tutto ciò? Il reale non è soltanto quello che è misurabile, afferrabile con i nostri sensi, qualcosa che possa essere manipolabile dall’uomo. Se l’eucarestia fosse manipolabile non sarebbe più eucarestia, dono di Dio ma diventerebbe opera dell’uomo. È per questo che l’eucarestia va oltre il dato sensibile. La realtà è infinitamente più grande e complessa di quello che possiamo sperimentare. “Questo è il mio corpo”. Com’è possibile che Gesù sia presente ovunque in tutti i luoghi e in tutti i tempi? Nella Bibbia il corpo indica l’intera persona umana e rappresenta da una parte il nostro limite: siamo impenetrabili gli uni con gli altri. Il corpo da una limitazione al nostro essere tanto che se siamo in un posto non possiamo stare contemporaneamente in un altro. Ma il corpo è anche un ponte perché è ciò che ci permette di entrare in relazione con tutti, attraverso il corpo c’incontriamo, ci ritroviamo. L’eucarestia fa parte della realtà della vita nuova, glorificata, risorta, con l’eucarestia noi entriamo in comunione con il Risorto. La resurrezione significa semplicemente che il corpo cessa di esistere come limite e rimane solo come comunione. E’ per questo che Gesù rimane sempre con noi e travalica il tempo e lo spazio. L’eucarestia è molto più di un cambiamento funzionale. Qui sta anche il male del nostro tempo: pensiamo e viviamo solo in termini funzionali. L’eucarestia è diventata un semplice funzione, il sacerdote è ridotto un funzionario del sacro, le persone vengono ricordate per la loro funzione nella società. Una volta finita la “funzione” è finito anche il nostro rapporto con Cristo. L’eucarestia non è una simulazione ma è la realtà più vera della nostra vita che da senso e significato a tutte le altre realtà. Si coglie questa verità nell’esperienza di una Chiesa che lascia sempre le sue porte aperte, crede nella presenza costante di Cristo nell’eucarestia riposto nel tabernacolo e la lampada perpetua esprime in modo visivo questa fede. Se non ci fosse questo la chiesa diventerebbe un museo come del resto molte chiese sono ormai diventate. Il centro non più l’eucarestia ma le opere d’arte. Quando si entra in chiesa il primo atto da compiere è quella dell’adorazione, della genuflessione, della preghiera e non le nostre devozioni, il nostro chiacchiericcio, le nostre parole, i nostri cellulari. La chiesa non è il luogo che ospita in determinati momenti alcune appunto “funzioni” ma diventa il luogo della presenza costante di Gesù nel mistero eucaristico. Se non siamo capaci ad adorare Gesù presente nell’eucarestia non saremo neanche in grado di comunicarci. Non basta mangiarlo per dire di essere in comunione con lui. È per questo che facciamo la processione perché impariamo prima di tutto a riconoscerlo presente nell’eucarestia, ad adorarlo per poi essere capaci anche a riceverlo personalmente.