La parabola che abbiamo ascoltato oggi nel Vangelo (Mt 21,28-32) è la prima di una serie di parabole dette “di rottura” perché Gesù le pronuncia contro i capi dei giudei, i notabili del tempio, gli scribi e i farisei. In questa prima parabola il figlio che dice subito di sì, ma poi non va a lavorare nella vigna, rappresenta un’intera categoria di persone profondamente religiose che si ritengono dalla parte di Dio, ma in realtà sono incapaci di misericordia con i peccatori perché considerati gente maledetta. I pubblicani e le prostitute sono invece coloro che hanno detto di no a Dio, ma sono poi subito pronti ad accogliere l’invito alla conversione del Battista.

La seconda parabola è quella dei vignaioli omicidi che rappresentano sempre i capi del popolo ai quali sarà tolta la vigna e data ad altri. Chiude il ciclo la parabola degli invitati a nozze dove saranno accolti buoni e malvagi.

Gesù scardina quelle sicurezze e certezze che ci portano a pensare che Dio sia dalla nostra parte e che la realtà del Regno di Dio appartenga solo a chi se la merita: a chi lavora dalla prima ora nella vigna del Signore. Scardina quella falsa sicurezza che ci fa pensare alla Chiesa come una realtà esclusiva e non inclusiva. Mette a tacere chi pretende di usare la verità, l’oggettività, come un’arma per selezionare tra l’umanità buoni e cattivi, senza tenere conto della storia delle persone, della gradualità nel proporre la verità, del rispetto della coscienza. Proviamo a immaginare la scena dove Gesù sentenzia: “i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel Regno dei Cieli”! Affermando una cosa del genere si mette automaticamente fuori dal giudaismo. Ciò che era importante per i giudei era la purità rituale, necessaria per entrare in comunione con Dio. Stare con i peccatori significava non poter entrare più nel Tempio ed essere un “maledetto dalla Legge”. Chi si ritiene giusto, ovvero ritiene di essere dalla parte dei giusti e dei puri, non si aspetta più nulla da Dio né tanto meno dagli altri. Proprio perché si ritiene “arrivato” non sente più l’esigenza della conversione. È questo il peccato dei giudei: bastare a sé stessi! Quando si basta a sé stessi, si guarda con disprezzo agli altri.

È il pentimento che ci porta a compiere un reale percorso religioso. Nel pentimento vediamo noi stessi nella contraddizione con noi stessi. La fede non ci chiede di non sbagliare, di non peccare, ma di riconoscere l’errore e confessare il peccato. Il pentimento è la via maestra per fare la volontà di Dio: “noi cristiani abbiamo il privilegio di disporre di un metodo altro, rispetto alla mondanità, per avvicinarci alla verità: il pentimento” (Christos Yannaras).