Ciclo di incontri di Lectio Divina nelle settimane di quaresima: IV settimana di Quaresima.

25Disse loro: «Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti! 26Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?». 27E, cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui.

Lc 24,25-27

La leggerezza di Mosè

18Mosè partì, tornò da Ietro suo suocero e gli disse: ”Lasciami andare, ti prego: voglio tornare dai miei fratelli che sono in Egitto, per vedere se sono ancora vivi!”. Ietro rispose a Mosè: “Va’ in pace!”. 19Il Signore disse a Mosè in Madian: "Va’, torna in Egitto, perché sono morti quanti insidiavano la tua vita!". 20Mosè prese la moglie e i figli, li fece salire sull’asino e tornò nella terra d’Egitto. E Mosè prese in mano il bastone di Dio.

21Il Signore disse a Mosè: "Mentre parti per tornare in Egitto, bada a tutti i prodigi che ti ho messi in mano: tu li compirai davanti al faraone, ma io indurirò il suo cuore ed egli non lascerà partire il popolo. 22Allora tu dirai al faraone: “Così dice il Signore: Israele è il mio figlio primogenito. 23Io ti avevo detto: lascia partire il mio figlio perché mi serva! Ma tu hai rifiutato di lasciarlo partire: ecco, io farò morire il tuo figlio primogenito!”.

24Mentre era in viaggio, nel luogo dove pernottava, il Signore lo affrontò e cercò di farlo morire. 25Allora Sipporà prese una selce tagliente, recise il prepuzio al figlio e con quello gli toccò i piedi e disse: “Tu sei per me uno sposo di sangue”. 26Allora il Signore si ritirò da lui. Ella aveva detto “sposo di sangue” a motivo della circoncisione.

Es 4,18-26

In questo episodio della vita di Mosè, anche se non riusciamo a capire tutto, gli viene preannunciato che non si tratterà di un’impresa tranquilla, bensì di qualcosa che lo coinvolgerà fino alla morte. Mosè, dal canto suo, ora si rende conto che l’impresa a cui Dio lo ha chiamato è davvero cominciata, anche se lui non l’aveva capita: l’aveva ridotta alla sua piccola misura, ma Dio glielo impedisce, ricorrendo anche a gesti clamorosi, come quello capitato in quella notte.

Le paure di Mosè

10Mosè disse al Signore: «Perdona, Signore, io non sono un buon parlatore; non lo sono stato né ieri né ieri l’altro e neppure da quando tu hai cominciato a parlare al tuo servo, ma sono impacciato di bocca e di lingua». 11Il Signore replicò: «Chi ha dato una bocca all’uomo o chi lo rende muto o sordo, veggente o cieco? Non sono forse io, il Signore? 12Ora va’! Io sarò con la tua bocca e ti insegnerò quello che dovrai dire». 13Mosè disse: «Perdona, Signore, manda chi vuoi mandare!».

Es 4,10-13

22Allora Mosè si rivolse al Signore e disse: «Signore, perché hai maltrattato questo popolo? Perché dunque mi hai inviato? 23Da quando sono venuto dal faraone per parlargli in tuo nome, egli ha fatto del male a questo popolo, e tu non hai affatto liberato il tuo popolo!».

Es 5,22-23

4Allora Mosè gridò al Signore, dicendo: «Che cosa farò io per questo popolo? Ancora un poco e mi lapideranno!».

Es 17,4

L’insicurezza di Mosè

3Il popolo ebbe una lite con Mosè, dicendo: «Magari fossimo morti quando morirono i nostri fratelli davanti al Signore! 4Perché avete condotto l’assemblea del Signore in questo deserto per far morire noi e il nostro bestiame? 5E perché ci avete fatto uscire dall’Egitto per condurci in questo luogo inospitale? Non è un luogo dove si possa seminare, non ci sono fichi, non vigne, non melograni, e non c’è acqua da bere».

6Allora Mosè e Aronne si allontanarono dall’assemblea per recarsi all’ingresso della tenda del convegno; si prostrarono con la faccia a terra e la gloria del Signore apparve loro. 7Il Signore parlò a Mosè dicendo: 8«Prendi il bastone; tu e tuo fratello Aronne convocate la comunità e parlate alla roccia sotto i loro occhi, ed essa darà la sua acqua; tu farai uscire per loro l’acqua dalla roccia e darai da bere alla comunità e al loro bestiame». 9Mosè dunque prese il bastone che era davanti al Signore, come il Signore gli aveva ordinato.

10Mosè e Aronne radunarono l’assemblea davanti alla roccia e Mosè disse loro: «Ascoltate, o ribelli: vi faremo noi forse uscire acqua da questa roccia?». 11Mosè alzò la mano, percosse la roccia con il bastone due volte e ne uscì acqua in abbondanza; ne bevvero la comunità e il bestiame.

12Ma il Signore disse a Mosè e ad Aronne: «Poiché non avete creduto in me, in modo che manifestassi la mia santità agli occhi degli Israeliti, voi non introdurrete quest’assemblea nella terra che io le do». 13Queste sono le acque di Merìba, dove gli Israeliti litigarono con il Signore e dove egli si dimostrò santo in mezzo a loro.

Nm 20,3-13

Questo Mosè che ha obbedito in tutto fino a questo punto, ora è preso da una crisi interiore, che prende corpo in una “mancanza”, di cui resta per noi misterioso il significato. Mosè avrebbe forse mancato di fede colpendo due volte la roccia? Egli ha sicuramente avuto un momento di grave crisi interiore, che poi avrà le sue conseguenze, accettate da Mosè con molta dignità, con molta umiltà, con molta semplicità di cuore. Questo capita quando ci si lascia coinvolgere dalla gente! Il Signore non ci permette l’indefettibilità né ci risparmierà le conseguenze dell’aver agito in maniera sbagliata; ci promette bensì il perdono e la misericordia.

La pazienza di Mosè

1 Maria e Aronne parlarono contro Mosè, a causa della donna etiope che aveva preso. Infatti aveva sposato una donna etiope. 2Dissero: «Il Signore ha forse parlato soltanto per mezzo di Mosè? Non ha parlato anche per mezzo nostro?». Il Signore udì.

Nm 12,1-2

In questo passo notiamo in Mosè l’uomo paziente che ha imparato a tacere e a lasciar fare al Signore, sopportando anche la sofferenza più intima, quella di non essere capito nel suo rapporto con Dio dagli stessi familiari.

Gesù, il servo sofferente

Chiaroveggenza di Gesù

21Egli ordinò loro severamente di non riferirlo ad alcuno. ascolta 22«Il Figlio dell’uomo - disse - deve soffrire molto, essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e risorgere il terzo giorno».

Lc 9,21-22

Mentre Mosè comincia con una certa faciloneria la sua missione, Gesù sa fin dall’inizio dove andrà.

Paura di Gesù

33Prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e cominciò a sentire paura e angoscia.

Mc 14,33

Mosè ha avuto paura e anche Gesù ha voluto aver paura, mostrando così che il servizio del Vangelo non esime dall’angoscia di fronte alle situazioni catastrofiche che talora ci possono cadere addosso.

Decisione di Gesù

In Giovanni 10,11 si dice: “io do la mia vita per le mie pecore”. Mentre Mosè, posto fra il Popolo e Dio, perde l’equilibrio emotivo e si butta sul popolo, Gesù offre la sua vita per amore nostro, ma in obbedienza alla parola del Padre. Luca 23,46: “Padre, nelle tue mani affido il mio spirito”. Mentre Mosè non è riuscito ad affidare il suo spirito nel giorno di Meriba, Gesù, l’artefice della nostra fede, si è affidato nelle mani del Padre per noi.

Pazienza di Gesù

In Giovanni 18,22-23 Gesù viene schiaffeggiato in casa di Anna. Mi sembra che ci sia un parallelismo con l’episodio di Mosè “schiaffeggiato moralmente” da Maria e Aronne. Gesù potrebbe accettare in silenzio; invece preferisce fare qualcosa di più e dice: “Guarda in te stesso. Perché mi hai colpito? Quali sono le radici del tuo atto? Se sono buone, io sono pronto a lasciarmi colpire; ma se non hai una ragione fondata, perché fai così? Perché questa scontentezza, perché questa amarezza e questa frustrazione? Che cosa c’è in te che non va?”.

Conclusione

L’Antico Testamento per esprimere sinteticamente l’uomo compiuto, l’uomo realizzato, si serve del termine “il giusto” (zaddiq): l’uomo giusto è colui che è capace di vivere nella giustizia, cioè facendo la volontà di Dio. Durante l’esilio, emerge l’importantissima figura del Servo del Signore, di cui parla il Secondo Isaia. E l’uomo che si carica delle sofferenze dei fratelli, l’uomo che, come agnello, non si difende rispondendo con violenza alla violenza che gli viene inflitta, che spende la vita per gli altri, offrendo se stesso fino alla morte. L’uomo che è giusto si fa servo.

“Dio nessuno l’ha mai visto ma il figlio unigenito, che rivolto verso il seno del padre, ce ne ha fatto l’esegesi” (Giovanni 1,18). La fede cristiana proclama che Dio si è fatto umano, che Dio si è reso leggibile nella vita di un uomo, e che solo un’esistenza pienamente umana è quella in cui Dio si è espresso in pienezza. Noi cristiani non possiamo riconoscere Gesù come Dio, non possiamo invocarlo come “il Signore” senza prima averlo conosciuto nella sua umanità, la forma della sua esistenza umana spesa e donata agli altri. Il cristianesimo è stato definito “la religione dell’uscita dalla religione”, proprio perché afferma l’uscita dalla religione per salvaguardare la fede. San Paolo spiega a Tito che nella nascita di Gesù “è avvenuta l’epifania della grazia di Dio, per insegnarci a vivere in questo mondo“ (Tito 2,11-12).

Ho sempre riconosciuto e tuttora vedo chiaramente che non possiamo piacere a Dio e da lui ricevere grandi grazie, se non per le mani della sacratissima umanità di Cristo, nella quale egli ha detto di compiacersi.

Ne ho fatto molte volte l’esperienza, e me l’ha detto il Signore stesso. Ho visto nettamente che dobbiamo passare per questa porta, se desideriamo che la somma Maestà ci mostri i suoi grandi segreti. Non bisogna cercare altra strada, anche se si è raggiunto il vertice della contemplazione, perché per questa via si è sicuri.

S. Teresa d’Avila

Per approfondire

Trascrizione degli esercizi spirituali sul tema “Vita di Mosè” tenuti dal cardinale Carlo Maria Martini nel 1978.