Ciclo di incontri di Lectio Divina nelle settimane di quaresima: II settimana di Quaresima.

1 In seguito, Mosè e Aronne vennero dal faraone e gli annunciarono: «Così dice il Signore, il Dio d'Israele: «Lascia partire il mio popolo, perché mi celebri una festa nel deserto!»». 2 Il faraone rispose: «Chi è il Signore, perché io debba ascoltare la sua voce e lasciare partire Israele? Non conosco il Signore e non lascerò certo partire Israele!».

Es 5, 1-2

Chi è il faraone in noi?

Anzitutto è un gran gentiluomo, un uomo intelligente, un uomo perspicace, abile, anche democratico se vogliamo: insomma, un uomo attraente.

“Lascia partire il mio popolo perché i celebri una festa nel deserto” così disse Mosè al faraone. Il faraone rispose: “chi è il Signore, perché io debba ascoltare la sua voce per lasciare partire Israele?” (Es 5,2).

Così anche dopo la piaga delle mosche, il faraone fa chiamare Mosè e Aronne e dice: “andate a sacrificare il vostro Dio nel paese”. Mosè rispose: “non è opportuno fare così perché quello che noi sacrifichiamo al Signore nostro Dio è abominio agli egiziani. Se noi sacrifichiamo sotto i loro occhi quanto gli egiziani abominano, non ci la lapideranno forse? Andremo nel deserto a tre giorni di cammino e sacrificheremo al Signore nostro Dio, come ci ha ordinato”. Disse il faraone: “vi lascerò partire e potrete sacrificare al Signore nel deserto, ma non andate troppo lontano e pregate per me”.

Dopo l’ottava piaga (le cavallette) assistiamo a un altro spezzone di dialogo (Es 10,8-11).

Il faraone, che un uomo molto acuto e intelligente, capisce che, benché Mosè e Aronne parlino di tre giorni, in realtà essi vogliono partire per sempre.

Dopo la nona piaga, assistiamo a un altro momento della trattativa: “allora il faraone convocò Mosè e disse: partite, servite il signore, solo rimanga il vostro bestiame minuto e grosso. Anche i vostri bambini potranno partire con voi. (10,24). Il faraone non solo sa trattare, non solo cerca di venire incontro, di capire la situazione degli altri: sa anche riconoscere i suoi torti.

Poi ancora, alla piaga della grandine, il faraone farà una bellissima confessione: “questa volta ho peccato. Il Signore ha ragione. Io e il mio popolo siamo colpevoli. Pregate il Signore di far cessare i tuoni e la grandine. Vi lascerò partire e non resterete qui più oltre”. (9,27s)

Il faraone è dunque un uomo veramente nobile, intelligente, perspicace, capace di arrendersi all’evidenza. Però è anche un uomo condizionato dalla sua posizione, dai suoi privilegi, del suo essere faraone: ecco il suo vero dramma! Nella figura del faraone si riassumono tutte quelle forme che ci condizionano, senza le quali noi agiremmo in un certo modo, eppure esse ci risucchiano. Esempio di Ponzio Pilato che condanna Gesù anche se voleva salvarlo.

Capita tante volte che qualcuno a stento trovi materia di confessione, ma se poi si interrogano gli amici, specialmente se si hanno responsabilità, allora viene fuori tutta una serie di cose che non si vedono, che non si sanno, non si capiscono, non si accettano… Tutto ciò dipende dai nostri condizionamenti personali.

Digressione sul peccato: ci proclamiamo peccatori, ma non ci sentiamo profondamente tali, soprattutto se ci confrontiamo con gli altri, con i “peccatori” per i quali preghiamo.

  1. La pretesa di eliminare il male. L’uomo non potrà mai eliminare totalmente il male dalla sua vita. Esso fa parte di noi e della nostra storia. Con la delusione arriverà la depressione e la rabbia contro se stessi, l’insofferenza verso il male altrui, come proiezione dell’impazienza contro se stessi, e la mania perfezionista, quale estremo rimedio per illudersi di essere nel giusto.
  2. Il tentativo di ignorare il male. I santi ci sono sempre ritenuti, e con piena sincerità e verità, grandi peccatori. È notorio che il cammino verso la perfezione, quando è vero, comporta una crescente presa di coscienza del peccato. L’uomo è generato nella colpa ed è peccatore molto in profondità. Ciò che abbiamo sempre più ignorato diventa un po’ alla volta padrone del nostro cuore.
  3. L’ossessione della colpa. Si manifesta in dubbi ossessivi, che hanno per oggetto la condotta dell’individuo, la vita morale di suoi atti, la possibilità di essere perdonato.
  4. La trave nell’occhio.

Chi è Mosè in noi?

Mosè in noi e lo slancio della nostra libertà, della nostra volontà di comprendere le cose come sono, di adeguarci a esse e di decidere conformemente. Mosè in noi è il desiderio di andare a fondo in tutte le cose e di rimetterle in discussione. E la capacità che ha l’uomo di mettersi di fronte alle cose, a se stesso e a Dio e domandarsi: “perché agisco così, perché reagisco così?”. Come si esprime questa forza liberatrice di Dio? Prima di tutto non si esprime attraverso la violenza. Questo era stato il primo Mosè. Il secondo Mosè invece un uomo che parla e che si esprime cercando la persuasione. Se vogliamo Mosè è quella persona umile a cui appartiene la promessa della terra: “Beati i miti, perché erediteranno la terra”.

Che cos’è “l’indurimento del cuore”?

Esso consiste nel fatto che il faraone riconosce che sarebbe opportuno cedere, anzi persevera a lungo nella disposizione di cedere, ma non può, perché altrimenti cesserebbe di essere il faraone… e non vuol cessare di esserlo.

  • Durezza di cuore: è quando una pagina di Vangelo non mi commuove più.
  • Durezza di cuore: è quando la conversione di una persona o una crescita spirituale di un altro non mi dice nulla. Quando non mi commuovo più per ciò che fa il Signore.
  • Durezza di cuore: è quando la preghiera è solo per me, per i miei…
  • Durezza di cuore: è quando non parlo più di Gesù ma soltanto uso la mia fede per giudicare tutti.
  • Durezza di cuore: è quando mi interesso degli altri per giudicare ma non mi interesso degli altri per evangelizzare.
  • Durezza di cuore: è quando un commento al Vangelo è troppo duro e dico non mi piace, ...sbaglia il prete ed è eccessivo... Non mi metto in discussione.
  • Durezza di cuore: è quando non lascio parlare il Signore pur frequentando la Chiesa.
  • Durezza di cuore: è quando per decidere cosa fare, parto da me e non da Gesù…
  • Durezza di cuore: è quando parlo di amore, accoglienza, apertura a tutti… ma nel mio cuore ho tagliato definitivamente con una persona e la evito, la escludo o faccio finta di accettarla.
  • Durezza di cuore: è quando sono così sicuro di me, della mia vita spirituale che non ho bisogno di nessuno.
  • Durezza di cuore: è quando penso che sono gli altri a dovermi cercare, mettere in risalto perché altrimenti significa che non mi considerano. Ho bisogno di riconoscimento!

Per approfondire

Trascrizione degli esercizi spirituali sul tema “Vita di Mosè” tenuti dal cardinale Carlo Maria Martini nel 1978.