La prima lettura che c’introduce nella comprensione delle Letture, ci narra di un Dio che prenderà lui stesso il compito del pastore, che condurrà e passerà in rassegna il suo gregge, si prenderà cura della malata e della forte, ma su ciascuna di esse pende un giudizio. Anche nel Vangelo la sintesi che salta all’occhio è quella del giudizio. Il giudizio, c’è poco altro a cui pensare, è il centro della fede cristiana. Tutti i grandi artisti dei tempi passati si sono cimentati nella realizzazione del “giudizio finale” che ci porta ad alimentare due sentimenti contrastanti: la gioia di coloro che ricevono la salvezza, ma anche il turbamento per coloro che sono avviati verso gl’inferi. Si realizza una spaccatura netta dell’umanità: finalmente si rivelano chi sono gli operatori d’iniquità e dall’altra gli operatori di misericordia. Ma è così che Dio giudica? Ci sono delle parole di San Giacomo che ci possono aiutare nella nostra meditazione: “il giudizio sarà senza misericordia contro chi non avrà usato misericordia; la misericordia invece ha sempre la meglio nel giudizio”. Penso d’interpretare così queste parole: ci sono due modi nei quali Dio giudica o meglio nei quali lasciamo Dio giudicare. Il primo è il giudizio senza misericordia nel quale Dio soppesa le opere buone da quelle cattive: l’immagine è quella della bilancia. Il secondo, quello che Dio preferisce, è quello della misericordia. Questo giudizio misericordioso è incomparabilmente superiore al solo giudizio. Dio non vuole usare solo la giustizia ma anche la misericordia. Questo tipo di giudizio misericordioso avviene quando non c’impossessiamo del giudizio che appartiene solo a Dio. Noi pensiamo che ci competa più il giudizio che non la misericordia, in realtà con il Vangelo le cose si rovesciano: ciò che deve essere proprio dell’uomo non è il giudizio, ma solo la misericordia.

L’immagine del grande giudizio finale è probabilmente il testo più “laico” perché non è solo rivolto ai cristiani ma a tutti gli uomini. Tutti, sia che siamo coscienti sia che non lo siamo, lo facciamo per Lui. Tutti possono incontrare Cristo nella carne sofferente del fratello. È anche il vangelo dove viene esaltato questo giudizio misericordioso. Senza avere la pretesa di sentirci o solo pecore o solo capri, in realtà noi siamo l’uno e l’altro: “Il medesimo uomo è in parte salvato e in parte condannato” (Sant’Ambrogio). Affinché Dio sia tutto in tutti, affinché solo l’amore resti e non ci sia il male occorre il fuoco purificatore dell’incontro con il Signore che bruci in noi ciò che è contrario all’amore. Ciò che c’è di straordinario è che di fronte a tutti i bisogni degli uomini il Signore si accontenta di dire: “tutto quello che avete fatto ad uno solo di questi miei fratelli più piccoli l’avete fatto a me”. Questo atto non può più essere cancellato. Quanti slanci di generosità ci sono nella nostra vita e quanti altrettanti gesti di egoismi e di chiusura! Grazie a Dio Gesù si accontenta anche di uno solo.

Lo stupore afferra tutti, sia coloro che l’hanno servito sia coloro che non l’hanno servito nelle membra sofferenti degli uomini. Ci sono dei gesti che noi riteniamo piccoli e insignificanti, ma che alla fine scopriremo grandi perché hanno avuto delle conseguenze positive e decisive per la vita di chi abbiamo aiutato; scopriremo altrettanti gesti che abbiamo considerato passibili, non così gravi, contro-testimonianze a cui non abbiamo dato peso, ma che hanno segnato in negativo per tutta la vita di una persona la sua capacità di relazione con Dio e con i fratelli. La sorpresa mette a nudo il nostro cuore e c’interroga oggi sulla qualità delle nostre relazioni. Il giudizio rivela in modo particolare il peccato di omissione, cioè il peccato del non-fare su cui noi spesso sorvoliamo perché appunto non lo vediamo come peccato. Noi possiamo fare del male non solo con i nostri atti peccaminosi, ma anche con il non-fare-nulla. Così il povero (l’affamato e l’assetato) diventa solo colui che ci disturba e rivolgiamo lo sguardo da un'altra parte perché ci è d’imbarazzo; lo straniero diventa solo colui che viene a rubare e a togliere la nostra tranquillità e sicurezza; il carcerato diventa solo colui che se lo merita per i suoi crimini; il malato infine diventa colui che ha ricevuto un destino crudele che non deve coinvolgere la mia vita.