“All’udire queste cose si sentirono trafiggere il cuore”. Il cuore, nella Bibbia, è la parte più nascosta a noi stessi, è anche il luogo più difficile da raggiungere, ma è la sede delle nostre scelte, delle nostre decisioni, rappresenta l’unità della persona ed è il centro del nostro essere. C’è un’espressione biblica misteriosa del profeta Geremia che descrive l'inaccessibilità del nostro cuore: Niente è più infido del cuore e difficilmente guarisce! Chi lo può conoscere? Io, il Signore, scruto la mente e saggio i cuori, per dare a ciascuno secondo la sua condotta, secondo il frutto delle sue azioni. Solo il Signore conosce il nostro cuore, solo lui ne ha accesso.

Si sentirono “toccare il cuore” da Dio: si tratta di un verbo passivo. Nel Vangelo Gesù è quel pastore al quale il guardiano apre. Chi è il guardiano della porta? È il nostro cuore! Siamo noi! C’è in ciascuno di noi un guardiano interiore che deve aprire la porta. Se non apriamo la porta, restiamo ad un livello di vita superficiale: è davvero facile rimanere a metà strada, lasciare Gesù fuori dal nostro cuore, ma questo non può condurre alla conversione.

C’è infine un ladro, un brigante, che non entra dalla porta ma trova altre vie. Egli viene a rubare di nascosto le meraviglie del nostro cuore o, meglio, le tiene racchiuse dentro di noi. Egli è colui che fa stare le pecore dentro all’ovile. Egli vuole farci credere di vivere pienamente quando, in realtà, non abbiamo quella vita in abbondanza che proviene solo da Dio e dall’ascolto della sua voce. C’è una forma di relazionarsi con Dio che non è secondo Dio. C’è una forma ingannevole di presentare Dio che non porta alla libertà. Il ladro non fa rumore e non si presenta come farebbe il pastore, ma fa finta di esserlo. Rassicura le pecore mettendole nelle condizioni di un’apatia e di una sonnolenza spirituale. Il ladro ci tiene lontano da quei luoghi giusti in cui incontrare il pastore, mantiene ognuno di noi ad un livello epidermico, alle frontiere del proprio essere, lasciando incolte le profondità del nostro cuore.

Siamo noi i ladri di noi stessi, siamo i briganti della nostra esistenza. Gesù pronuncia la parabola che abbiamo ascoltato subito dopo l’episodio della guarigione del cieco nato, quando sentenziò ai farisei: “Se foste ciechi, non avreste alcun peccato; ma siccome dite: «noi vediamo», il vostro peccato rimane”.

Cosa fa il pastore? Ci sono due verbi significativi: uscire ed entrare. Il pastore ci fa prima di tutto uscire, guardare fuori dal nostro essere, per trovare alimento di vita: ci fa uscire dalle nostre comodità, dalle nostre certezze. La conversione del cuore comporta prima di tutto un “uscire”. Questa parola la troviamo all’inizio della quaresima (convertiti e credi al Vangelo) e la troviamo anche e soprattutto nel tempo pasquale: “convertitevi e ognuno di voi si faccia battezzare…”. È la prima parola del Cristianesimo!

La conversione comporta anche un “rientrare” in noi stessi, come anche accadde per il figliol prodigo: “rientrò in se stesso…”. Quando si fa esperienza di Dio, l’uomo riconosce la sua condizione di peccatore e, solo quando la riconosce e la ammette, riconosce realmente se stesso: è un rientrare nel nostro nucleo essenziale. Solo così l’uomo raggiunge la verità della sua vita, solo così il cuore può essere guarito. Solo quando l’uomo sa di essere peccatore e comprende quanto sia inquietante il peccato, può ascoltare la voce del pastore e seguirlo: “convertitevi e credete al Vangelo”. L’offuscamento dell’esperienza di Dio si manifesta nella scomparsa del senso del peccato e viceversa. Un invito alla conversione come quello pronunciato da Pietro può essere annunciato solo da chi è stato toccato dal bisogno di essa e, per questo, ha capito la grandezza della grazia. Questa grazia si chiama Gesù Cristo: è lui la porta delle pecore attraverso la quale noi possiamo continuamente uscire ed entrare per trovare vita in abbondanza. L’inno cristologico contenuto nella lettera di Pietro dice: “egli non commise peccato e non si trovò inganno sulla sua bocca”. È proprio perché lui non commise peccato che non vi è altra via per poter accedere alla vera vita.