Con il mercoledì delle Ceneri inizia il grande tempo quaresimale: “un tempo di ascolto della parola di Dio e di conversione, di preparazione e memoria del battesimo, di riconciliazione con Dio e con i fratelli, di ricorso più frequente alle armi della penitenza cristiana: la preghiera, il digiuno, l’elemosina”.

“Laceratevi il cuore e non le vesti, ritornate al Signore, vostro Dio”. Non si tratta di un invito all’autolesionismo, come se Dio fosse attratto da atteggiamenti eclatanti esteriori. Nelle antiche religioni pagane per “attirare” le attenzioni delle divinità occorrevano gesti eclatanti, spettacolari per colpire la sua attenzione. Dio viene attratto invece dalla nostra interiorità. È un appello a riconoscere che le ferite e le fratture interiori meritano di essere portate alla luce senza paura, di non nasconderle, ma porci di fronte a Dio per quello che siamo. Questo è il primo passo per un’autentica conversione. La prima tentazione è proprio quella di sentirsi “a posto”, immuni da questo processo di conversione. Ci sentiamo immuni perché ci mettiamo poco in atteggiamento di ascolto della Parola di Dio e quel poco molte volte risulta superficiale e sbrigativo. In fondo crediamo che la conversione sia qualcosa di molto difficile e che riguardi solo chi è palesemente in una situazione peccaminosa. Non riduciamo tutto ad una conversione morale. La prima conversione è quella di mettersi in modo nuovo di fronte alla Parola. È provare a cambiare le nostre abitudini di ascolto. La prospettiva di un’autentica conversione è quella di poter far ritorno alla sua presenza e alla sua alleanza: ecco allora l’importanza della preghiera, dell’eucarestia domenicale vissuta come un percorso dove Il Signore si lascia scoprire e incontrare poco alla volta. La conversione non è un nostro sforzo o una nostra iniziativa per meritare il favore divino, ma un percorso orientato a scoprire il desiderio che Dio ha d’incontrare la nostra umanità: “chi sa che non cambi e si ravveda e lasci dietro a sé una benedizione?”. È bella questa immagine di un Dio che si converte a noi. Non solo noi torniamo a Dio, ma prima di tutto Dio è disposto a ritornare verso di noi. La violazione dell’intimità del talamo richiamata dal profeta vuole ricordare l’intimità da recuperare con Dio. “Radunate il popolo, indite un’assemblea solenne”. Il profeta sottolinea un altro aspetto fondamentale: la conversione non avviene mai da soli, non deve essere affrontata come un cammino individuale. Se ci si converte, ci si converte insieme, come comunità e mai da soli, anche i “bambini lattanti”! È per quello che è da valorizzare l’ascolto della Parola di Dio fatta insieme. In questo ribadisco l’importanza dei centri d’ascolto di cui purtroppo pochi usufruiscono.

Le indicazioni di Gesù nel Vangelo non fanno altro che confermare e portare a compimento il profeta Giole. Gesù afferma che c’è un modo rischioso di vivere la nostra umanità se è compiuto per inseguire lo sguardo dell’altro, per raccogliere consensi, anziché cercare lo sguardo di Dio: “state attenti a non praticare la vostra giustizia davanti agli uomini per essere ammirati da loro”. Ciò che Gesù mette in discussione non è la pratica, ma l’esercizio di una giustizia propria che rende inutile quella giustificazione che Dio vuole concedere ai suoi figli come perdono e misericordia. Il fine di tutto il Vangelo consiste in questo accesso nella relazione filiale con Dio, dove le cose non si fanno più per un interesse o con uno scopo, ma unicamente come figli amati e salvati.