La liturgia della Parola ci presenta in questa domenica il tema della memoria. Una delle nostre più grandi paure è quella di sentirci abbandonati, dimenticati. La più grande tragedia che ci possa capitare è quella di venire al mondo senza che nessuno ci abbia desiderati. Infatti coloro che sono stati adottati, nonostante tutto l’amore e l’affetto che possano aver ricevuto dalla famiglia adottiva, sentono sempre dentro di loro un vuoto incolmabile perché noi abbiamo bisogno di sapere la nostra origine, da dove proveniamo. Se non sappiamo da dove veniamo facciamo anche fatica a capire dove dobbiamo andare. La prima lettura ci dice che anche se ci fosse una mamma che si dimenticasse del proprio figlio, Dio non si dimenticherebbe mai. La nostra origine non è semplicemente una questione umana, ma divina. Prima di appartenere ad un papà e ad una mamma, noi apparteniamo a Dio. Nessuno di noi nasce al mondo per caso, ma tutti siamo nati per puro dono. Se le cose stanno così vuol dire che anche la nostra vita è sorretta, accompagnata in modo provvidenziale da Dio. Egli non ci ha posto nel mondo e poi ci ha ordinato: “adesso pensaci tu”, ma ci ha posto nel mondo perché possiamo raggiungere il fine per cui siamo stati creati e redenti. Dio però non ci obbliga a seguirlo, ad affidarci a lui, noi possiamo sentirci autonomi, indipendenti. Chi costruisce la sua vita da solo non può che preoccuparsi di se stesso. La preoccupazione porta: alla solitudine e a farcela con le proprie forze. Riconosce se stesso come fonte e fine di tutta la sua vita. È per questo motivo che i ricchi, gli avari non possono avere un futuro, perché l’hanno anticipato con le loro ricchezze. Anzi tentano di prolungare la loro esistenza con le ricchezze di questo mondo. La ricchezza da la sensazione dell’immortalità, diventa un prolungamento di noi stessi: “E chi di voi, per quanto si preoccupi, può allungare anche di poco la sua vita?”. La preoccupazione di cui Gesù ci parla non è quella della quotidianità che ci fa pensare al pranzo o alla cena; che fa preoccupare di comprare i vestiti necessari per noi e per la nostra famiglia: questa è lecita e sacrosanta, anzi sarebbe un peccato vivere senza preoccupazioni, in modo spensierato; quelli che vivono un po’ alle spalle degli altri. Essere senza preoccupazioni non è quello dello scansafatiche, dei buontemponi, dei fannulloni. La preoccupazione di cui ci parla Gesù è quella eccessiva, ovvero quella che ci fa stavolta noi dimenticare Dio, che non ci permette più di lasciare spazio alla sua libera e provvidente iniziativa nella nostra vita. Quando pretendiamo di risolvere tutto, di essere dei perfetti calcolatori di noi stessi e degli altri senza affidare la nostra vita a Dio che tutto sa e che tutto comprende. Perché noi accumuliamo sempre di più il nostro conto in banca? Penso che nessuno di noi metta un tetto massimo di quanto ci debba essere sul conto. Anzi più ne abbiamo di soldi, meglio è. Di solito ci nascondiamo dietro questa giustificazione: “non accumulo per me, ma per i miei figli, per i miei nipoti. Oggi non si sa mai con i tempi con i tempi che corrono”. Ma siamo così sicuri che sia questa la ragione? O non piuttosto: “mettiamo da parte perché il futuro è incerto, io sto diventando vecchio, mi ammalerò, ci vorrà qualcuno che si occupi di me quando non avrò più nessuno, bisognerà pagare la badante, le medicine, la struttura”. Non c’è sempre qui l’idea di essere abbandonati o dimenticati? È la paura di mancare del necessario. In fin dei conti diciamo a Dio che non è poi così capace a garantirci un benessere quando mancheranno le forze. Su questo siamo tutti bravi, ma quando si tratta di ricercare il Regno di Dio e la sua giustizia, la relazione con lui quella può aspettare e non è così determinante. Alla fine potremmo anche pensare che dal momento che siamo stati bravi possiamo anche permetterci il Paradiso. L’eucarestia che noi celebriamo ogni domenica è l’antidoto contro la tentazione della preoccupazione eccessiva, della paura di rimanere da soli. “Fate questo in memoria di me”: noi facciamo memoria di Dio per ricordarci che lui non si dimentica mai di noi.