Il tema della Sapienza è centrale nelle letture di questa domenica; in modo particolare nel Vangelo, nel quale si parla di cinque ragazze sagge e, in loro contrapposizione, di cinque ragazze stolte, “stupide”. Ma che cos’è la Sapienza, che cosa significa essere stolti? Prima di tutto è la ricerca stessa della Sapienza che ci rende sapienti. La Sapienza è un desiderio. La Sapienza, per noi cristiani, è una persona che si è fatta carne, quindi la vera Sapienza è il desiderio di Cristo. Chi si mette in ricerca sincera di Cristo è come se l’avesse già trovato e incontrato. La vera saggezza ci dice che la fede non può e non deve essere improvvisata, ma va preparata e curata così come nel Vangelo le ragazze sagge si premuniscono di altro olio.

Opposta alla sapienza c’è la stupidità, ma questa non riguarda l’intelletto. Noi solitamente diciamo stupido ad una persona che non ci arriva, che è lento a capire. A Bernadette davano della stupida perché non era capace a memorizzare le formule di catechismo che le avrebbero permesso di ricevere la Prima Comunione. Ella stessa ironicamente diceva di sé stessa: “è più facile ficcare il libro di catechismo nella mia testa, piuttosto che imparare le formule a memoria”. Nessuno di noi direbbe oggi che Bernadette fosse una stupida, in quanto sicuramente fu una di quelle ragazze sagge e il suo desiderio di Cristo e dei beni del Cielo cresceva di giorno in giorno. La stoltezza riguarda invece la nostra umanità. Bonhoffer diceva che la liberazione interiore dell’uomo alla vita responsabile davanti a Dio è l’unica reale vittoria alla stupidità. Penso che la vera Sapienza sia quella di predisporre tutto, di essere pronti ad ogni evenienza proprio perché la vita ci riserva sempre sorprese, non sappiamo a cosa andremo incontro. Per dirla in modo diverso noi sappiamo a chi andiamo incontro, ma non siamo noi a decidere come avverrà questo incontro, in quali modalità. Significa non rimanere scandalizzati di Dio, perché lui viene non come ce lo aspettiamo noi.

Gesù è un inguaribile ritardatario. Per noi il ritardo significa mancanza di serietà, di attenzione; per Dio significa l’esatto contrario: cura, pazienza, amore. I ritardi di Dio sono giustificati perché rivelano il suo grande amore per noi. Infatti, la sapienza delle sagge consiste nell’aver valutato anche il possibile ritardo dello Sposo. Le stolte, come le sagge, si sono addormentate. Il sonno nella Bibbia indica sempre la mancanza di fede. Anche le sagge hanno mancato di fede, anche le sagge sono entrate nel buio e nell’oscurità della fede. C’è poco da fare: quando abbiamo una preoccupazione o un dubbio che ci assilla, la nostra reazione è quella di dormire. Il sonno non è solo un recupero delle energie psicomotorie ma è anche un meccanismo di difesa che ci preserva dall’ansia, dallo stress e dalla paura di sentirci abbandonati. Noi non sopportiamo l’idea del ritardo perché è come dire: «io per te non esisto!».

Madre Teresa, donna sapiente, è entrata anche lei in questa oscurità della fede, ma cosa l’ha salvata dall’incredulità? La scorta dell’olio, ovvero più sentiva Gesù distante e più lo desiderava. La Sapienza è allora l’arte di saper vivere il tempo: la venuta del Signore non è misurabile cronologicamente, non è questione di tempo, ma è un andare incontro a Lui che già oggi viene nella mia vita, che già oggi è presente seppure nell’ombra e nell’oscurità della fede.

Noi possederemo la vera Sapienza quando saremo capaci di coniugare la fine con il fine.