Il tema della correzione e dell’ammonizione del fratello è un tema al quale spesso non pensiamo mai perché è un tema difficile da concretizzare nella nostra vita e soprattutto perché insorgono paure e timori. Non solo chi ha responsabilità dirette su altre persone in particolare, ma la liturgia della Parola ci dice che tutti siamo responsabili degli altri. Non si tratta di avere un coraggio sopra la media, ma la correzione richiede un profondo senso di fede. La maturità di fede consiste nel sentirsi feriti nel peccato in quanto tale e non solo in quanto il male coinvolge la mia persona. Essa si oppone a quel silenzio complice che non vuole fastidi o crearsi inimicizie; è dettata da false autogiustificazioni: “è una questione che non mi riguarda”; “chi si fa gli affari suoi campa cent’anni”. Siamo subito pronti a trovare mille motivi per non denunciare il male. In fondo c’è sempre quella sottile presunzione che la salvezza riguardi l’individualità. Noi non ci pensiamo ma è uno dei più frequenti peccati di omissione che ci caratterizza. Pensiamo che già sia difficile scovare il peccato e il male in noi stessi, figurarsi se abbiamo tempo per individuarlo negli altri. Eppure l’autentico amore non passa solo quando i rapporti vanno bene, ma soprattutto si manifesta nella capacità di correggere colui che si ama. San Paolo ci ricorda che dobbiamo essere debitori solo dell’amore vicendevole. Cioè dovrebbe essere la nostra prima preoccupazione, la prima cosa da fare nella nostra vita. Non è detto che se i rapporti siano pacifici ci sia anche l’amore. Il passaggio secondo me da compiere è quello non solo di dire: “ti voglio bene” ma dire all’altro: “io voglio il tuo bene”. La capacità di correggere dice il grado di libertà che ognuno di noi ha e dice anche il grado d’interiorizzazione del Vangelo. Perché è difficile correggere, perché spesso ci sottraiamo a questo compito? Penso perché sia facile scadere nel giudizio. A volte non pensiamo la tattica per avvicinare il fratello, ci affidiamo solo ai nostri sentimenti e alle nostre passioni che spesso ci portano all’ira, ci portano a puntare il dito senza appello; ci portano a riversare sull’altro non solo i suoi sbagli, ma anche quello che non sopportiamo vedere in noi perché facciamo magari le stesse identiche cose. Il rischio è di cadere anche noi nel peccato. L’autentica correzione fraterna non è un giudizio, e ancor meno una condanna, ma un evento sacramentale che fa regnare Cristo tra chi la esercita e chi la riceve. Come ogni domenica ricevo il corpo di Cristo, così quando accolgo un fratello che ha sbagliato, accolgo Cristo stesso perché anche quel fratello è parte integrante del corpo di Cristo che è la Chiesa. Quando faccio comunione con Cristo nell’eucarestia, automaticamente la faccio anche con il fratello che ha sbagliato e riconosco in lui la presenza di Gesù. Per compiere questo occorre molta umiltà. È per questo che sant’Agostino dice che per essere cristiani occorrono tre virtù: “L’umiltà, l’umiltà e ancora l’umiltà”.

I tre gradi del processo disciplinare della chiesa primitiva dice almeno che ci deve essere una prudenza e una gradualità. A volte pensiamo che la correzione sia una questione personale. Ma quante volte abbiamo affidato la correzione nella preghiera? Quanto ci abbiamo pregato sopra? Quanto siamo stati capaci a chiedere consiglio agli altri? Quanto ci prepariamo per affrontare il dialogo? Quanto abbiamo coinvolto gli altri nella preghiera per affrontare una situazione difficile. Eppure Gesù ha affermato: “se due di voi sulla terra si metteranno d’accordo per chiedere qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli gliela concederà”.

“Se non ascolteranno neanche la comunità, sia per te come il pagano e il pubblicano”. Che cosa dobbiamo fare se neanche un’ultima possibilità riacquista il fratello, quando orami i ponti sono crollati e le porte sbattute in faccia? Sia per te come un pagano o un pubblicano non significa abbandonarlo, ma essere disposti a tenere accessibile un altro varco e tenere socchiusa quella porta che ci è stata chiusa completamente dall’altro. Se necessario, ricominciare da capo.