“Signore, insegnaci a pregare”. La preghiera non è qualcosa che c’inventiamo da soli, ma avviene per un insegnamento, o meglio per un esempio. Noi tutti abbiamo imparato i rudimenti della preghiera dai nostri genitori, dai nostri nonni soprattutto per la loro esemplarità. Noi non potremmo pregare se non ci fosse nessuno a farcelo vedere, sperimentare. Il desiderio dei discepoli nasce dall’esemplarità di Gesù, dal modo con cui pregava. L’insegnamento nella preghiera comporta anche una continua applicazione in questa arte. Non si finirà mai d’imparare a pregare perché ogni giorno bisogna mettersi in modo sempre nuovo di fronte a se stessi e a Dio; la prima cosa che s’impara sono le battute d’arresto, le aridità, l’accidia, la tentazione di pensare che sia inutile. S’impara che la preghiera è prima di tutto lotta. Molti quando comprendono questo, dopo un inizio di entusiasmo, depongono subito le armi della pazienza e della perseveranza. È per questo che è difficile pregare. È per quello che Gesù ci ha raccontato questa parabola dell’amico importuno. Più che importunare Dio, Gesù dice che dobbiamo importunare noi stessi, obbligarci a rimanere alla porta e continuare a bussare. Ma perché il Signore ci lascia continuamente bussare alla porta? Non potrebbe egli tenere sempre aperta la porta in modo tale che sia facile per noi accedere alla preghiera? Forse si pregherebbe di più! Egli vuole che nella preghiera noi ci mettiamo in relazione con Lui come figli. Vuole che lo scegliamo non per necessità, ma per amore. Vuole farci sperimentare nella preghiera non l’esaudimento di una preghiera, ma vuole farci sperimentare se stesso in noi. È per quello che Gesù è disposto a donare il regalo più bello che possiamo chiedere nella preghiera: lo Spirito Santo. Abramo che cosa ha sperimentato se non l’essere figlio di Dio in questa preghiera insistente, accorata, oserei dire noiosa e ripetitiva? Attraverso questo dialogo tra Dio e Abramo si esprime questa relazione di fiducia. Non solo Abramo ha fiducia in Dio, ma addirittura Dio ha fiducia anche in Abramo. C’è una bellissima espressione nella Dei Verbum del Concilio Ecumenico Vaticano II:

Con questa Rivelazione infatti Dio invisibile (cfr. Col 1,15; 1 Tm 1,17) nel suo grande amore parla agli uomini come ad amici (cfr. Es 33,11; Gv 15,14-15) e si intrattiene con essi (cfr. Bar 3,38), per invitarli e ammetterli alla comunione con sé

Dio elargisce le sue grazie e il suo amore attraverso la nostra preghiera, la nostra mediazione. Quando entriamo in questa dinamica della preghiera filiale nello Spirito diventa non solo un nostro privilegio, ma vorremmo che diventasse un’esperienza per altre persone soprattutto per coloro che vivono in situazione di peccato e di lontananza da Dio. Anzi vorremmo essere privati di questo dono per poterlo consegnare ad altri.

Testimonianza della beata Chiara Luce Badano: Trovava Gesù nei lontani, negli atei e tutta la sua vita è stata una tensione all’amore concreto per tutti.

Mons. Livio Maritano, vescovo dicocesano, così la ricorda:

Si sentiva in lei la presenza dello Spirito Santo che la rendeva capace di imprimere nelle persone che l’avvicinavano il suo modo di amare Dio e gli uomini. Ha regalato a tutti noi un’esperienza religiosa molto rara ed eccezionale