“Sei tu, Signore, il mio unico bene”. Può affermarlo chi ha posto in Dio l’unica certezza della vita; solo chi non ha paura di accettare tutte le esigenze che il Vangelo ci offre.

Se non ci abbandoniamo completamente a Dio e alla sua volontà non possiamo affermare che Lui sia il nostro unico bene. C’è in noi il desiderio di seguire Gesù. Quel “ti seguirò ovunque tu vada” dice con sincerità una disponibilità ma secondo i nostri calcoli, secondo i nostri orizzonti puramente umani. È l’esperienza di Pietro di domenica scorsa che dice: “Tu sei il Cristo di Dio” ma non ha ancora sperimentato nella sua vita la portata di quella risposta. Noi vorremmo sapere in anticipo quello che il Signore ci riserva, quello che la vita ci riserva. Quando amiamo davvero una persona, quando ci fidiamo non abbiamo bisogno di chiederle quale sia la meta da raggiungere perché ogni luogo vale un altro. Per noi non è importante il luogo ma la persona che rende speciale quel luogo in cui ci troviamo.

Il Vangelo ci dice oggi come stare accanto a Gesù; l’atteggiamento giusto è quello di avere un cuore risoluto e perseverante. Gesù si diresse decisamente verso Gerusalemme. Chi vuole essere un discepolo deve anche lui dirigersi decisamente verso Gerusalemme; seguire un maestro che può essere rifiutato. Questa sequela si può solo proporre e non imporre con la forza o annunciando castighi.

San Luca ci vuol far capire quali sono gli atteggiamenti giusti per seguire Gesù:

“Il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo”: seguire il Signore con risolutezza significa accettare l’insicurezza esistenziale e la precarietà della sequela. Avere un cuore risoluto significa vincere la paura della relazione con Dio.

“Signore, concedimi di andare a seppellire prima mio padre”: nessun dovere religioso, sociale o civile deve essere considerato più importante di Gesù. Il Signore Gesù non è un interesse tra i tanti ma pretende di essere l’unico interesse della nostra vita. Gesù è molto di più di una legge o di un ideale per quanto buoni o giusti siano.

“Chi mette mano all’aratro e poi si volge indietro non è adatto per il Regno dei Cieli”: esige una determinazione totale. Colui che si volge indietro ha uno sguardo nostalgico, è colui che manca di fede. Ci si appoggia su ciò che si conosce e si è sperimentato.

Perché il Signore è così esigente? È venuto a complicarci di più la vita? “Cristo ci ha liberati perché restassimo liberi” non più sotto il domini della carne ma dello Spirito.

Tre patologie dell’indecisione:

  1. Astensione dalla scelta. Scelgo di non scegliere;
  2. Volontarismo. Non assumendo la scelta come mia responsabilità, mi affido alla legge, al dovere.
  3. Attivismo. Moltiplico gli impegni per non affrontare il senso di perdita che mi viene dallo scegliere.

La risolutezza serve per non cadere nella banalità del quotidiano e per dare continuità alla sequela.

Vogliamo avere un metro di misura della nostra risolutezza? La preghiera quotidiana. “Ora Dio ha promesso la sua grazia e la dà soltanto a chi prega; dunque, solo chi prega può compiere azioni buone per la vita eterna, solo chi prega può salvarsi, ma solo chi prega con le dovute disposizioni, cioè con umiltà, confidenza, perseveranza, e con l’intenzione di servire Dio e di non offenderlo mai”

San Leonardo Murialdo

Sia lodato Gesù Cristo