Abbiamo ascoltato nella prima lettura un episodio di grave difficoltà nelle prime comunità cristiane. L’incontro tra i cristiani provenienti dal giudaismo e quelli provenienti dal paganesimo incomincia a creare i primi problemi: bisogna accettare tutta la Legge di Mosè per essere salvati? Bisogna obbedire a tutte quelle regole, precetti per essere salvati oppure basta solo la grazia di Cristo? in altre parole viene prima l’obbedienza o l’amore? Noi tutti forse siamo cresciuti un po’ con questa mentalità: prima l’obbedienza e poi l’amore; prima il rispetto delle regole e poi l’affetto; prima i risultati e poi la ricompensa. Questi Giudei, in fin dei conti, sembrano interessati al bene, alla salvezza dei pagani, ma in realtà non è nient’altro che una ricerca di se stessi, della loro supremazia, una sottolineatura della loro importanza. Si tratta di uno pseudo amore, di un surrogato dell’amore. Le regole, i precetti ci danno una certa sicurezza perché ci tranquillizzano la nostra coscienza sul nostro modo di agire, ma nello stesso tempo ci mettono anche nella situazione di non progredire nell’amore e nella conoscenza. Le regole sono importanti, ma prima di tutto c’è l’amore. Il cristianesimo è percepito da molti appunto come un insieme di precetti e di regole che non fanno che allontanare e non si comprende che prima di tutto significa entrare in relazione con una persona che mi vuole bene, che mi ama, che mi conosce. “Se uno mi ama, osserverà la mia Parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di Lui”. Per osservare la Parola, ciò che ci comanda Gesù è necessario amarlo, volergli bene. Questa frase dice la volontà di tutta la Trinità di venire ad abitare in noi. [ La sfida per questi bambini che ricevono la Prima Comunione, ma anche per ciascuno di noi sta proprio in questo: sapere che sono amati, voluti bene, accolti, allora sì che saranno in grado di vivere anche la fedeltà domenicale, vissuto non come precetto, come obbligo, ma incontro gioioso con Gesù. Vivere l’eucarestia come obbligo o precetto equivale a non credere a questo amore di Gesù con la conseguenza che essa risulterà sempre marginale e insignificante nella nostra vita. ] Se amiamo Gesù possiamo osservare le sue parole, perché non risulteranno mai gravose e pesanti. Il principio e il motivo della pace è lo Spirito Santo, che Gesù chiama “il Paraclito”, il consolatore che ci insegnerà ogni cosa e ci farà sperimentare la bellezza e la consolazione delle sue parole. Lo Spirito richiama alla memoria le parole di Gesù e introduce a capirle e a gustarle fino in fondo. Un cristiano è allora colui che vive l’intimità dello Spirito: in tal modo è congiunto col Signore ed è portato alla comunione di vita con il Padre.

Nella Gerusalemme celeste i segni esterni del culto, i templi, i sacramenti, i libri sacri, la Scrittura, non saranno più necessari. I segni esterni ci servono oggi nella nostra vita per alimentare la nostra fede, perché viviamo nella speranza e non ancora nella visione. Quando saremo nella Gerusalemme celeste Dio stesso e il Signore Gesù saranno immediatamente visibili e noi entreremo in comunione con loro senza più alcuna mediazione di segni. Quando celebriamo la liturgia il nostro desiderio è quello di raggiungere personalmente il Signore. Ma questo non è frutto del nostro sforzo, ma è dono di Dio, la Gerusalemme che scende dal Cielo.

Se siamo limitati nella conoscenza di Dio perché viviamo nella fede e non ancora nella visione, siamo invece illimitati nell’esperienza dell’amore che riceviamo dall’eucarestia.