Questa domenica, detta Laetare, è già un anticipo di quello che gusteremo fino in fondo a Pasqua, quando faremo festa dopo aver attraversato il deserto quaresimale. E di festa parla la Scrittura! Finalmente è terminato l’esodo, così ci racconta il libro di Giosuè, gli israeliti sono entrati in possesso della terra promessa; non c’è più bisogno di nutrirsi della manna perché possono ora mangiare i frutti della terra promessa. La festa è ormai piena, possono celebrare finalmente la pasqua. E di festa si parla nel vangelo. Quel padre che riabbraccia suo figlio è Dio che prepara per noi il banchetto, ammazza per noi il vitello grasso, ci veste della veste bianca, ci mette l’anello al dito, i sandali ai piedi, tutti segni che noi abbiamo ricevuto nel giorno del battesimo e che riconfermiamo in ogni eucarestia: anche noi siamo invitati ad entrare nella festa che il Padre ci prepara. Ma la parabola del Padre misericordioso è anche prima di tutto una storia, anzi due, di chi non vuole entrare in questa gioiosa festa. Una si risolve bene e l’altra purtroppo rimane incompiuta, sospesa. Prima di tutto il figlio minore pensa che la festa sia da cercare altrove, c’è il sospetto che questo padre non sia capace a donare la felicità, il benessere, che lo sfrutti, che gli nasconda il segreto della vera libertà. Quanti cristiani che hanno abitato nella casa del Padre si sono allontanati perché si sono creati un’immagine distorta, ambigua di Dio. Un Padre che usa obblighi, divieti. All’origine dell’abbandono di Dio c’è sempre un fraintendimento! Che cosa fa il Padre? Lascia che questo fraintendimento prenda corpo. Non una parola, non un rimprovero, accetta di essere considerato morto dal figlio: lui che aveva decretato la morte del Padre si ritroverà lui ad essere “morto”: “questo mio figlio era morto ed è tornato in vita”. Dio fa così nella nostra vita: non c’impedisce di sbagliare, di peccare, di allontanarci da lui, ma il suo silenzio che per noi potrebbe significare sua assenza, mancanza di affetto e di amore per lui diventa parola eloquente. Dio ci attrae con il suo silenzio e il suo non far assolutamente nulla! Il ricordo del cibo nella casa del padre fa entrare in sé quel giovane: non è qui ancora il momento della conversione. Ritorna perché ha bisogno, perché fa comodo, ma non perché ha capito che il Padre gli vuole bene. La sua conversione avviene nel momento di quell’abbraccio; è il figlio che avrebbe dovuto gettarsi al collo del Padre e invece scopre che è il Padre che si getta al suo collo. Dio non ci chiede prima di convertirci, di meritare il suo amore, ma ci converte con il suo amore che ci raggiunge e ci precede sempre. Questo figlio ha capito che la vera festa era a casa sua!

Ritorno del figliol prodigo

…ma c’è l’altro fratello. Quanti rimangono nella casa paterna ma senza sperimentare la gioia? È questa la conversione più difficile perché non è facile da vedere, perché rimanere lì nella casa paterna ci da la sensazione di non aver bisogno di conversione. Quanti cristiani vivono un cristianesimo inacidito, dove si è dentro la chiesa ma se avessero la possibilità di andarsene lo farebbero subito perché troppi vincoli, troppi obblighi, un Dio, una Chiesa che chiede e che non da mai nulla: “tu non mi hai dato neanche un capretto per far festa con i miei amici”. Non è la stessa logica del figlio minore? Una festa senza il Padre! In fondo anche lui è partito con il cuore per un paese lontano. La pretesa di sentirci felici senza Dio, perché è una presenza scomoda, una presenza che controlla ogni nostro singolo movimento. “Figlio, tutto quello che è mio è tuo”. Questo Figlio maggiore non aveva capito che il Padre non è geloso delle sue cose, ma che le vuole condividere, mettere in circolo. Dio non è geloso della sua gioia, ma la vuole condividere con noi, vuole donarci tutto il suo essere, vuole farci diventare come lui! Una gioia che diventa una festa anche tra fratelli. Se sono capace a gioire con Dio lo sarò anche con il fratello che devo perdonare, accogliere, aiutare. Questa parabola è una storia aperta. Sarà entrato anche il figlio maggiore? È aperta perché in questa storia c’è ciascuno di noi. Dipende da noi scegliere che cosa fare. Anche per il figlio maggiore c’è il silenzio del Padre: qualsiasi decisione noi prenderemo ancora una volta Dio è disposto a tacere.

Sia lodato Gesù Cristo

(Bartolomé Esteban Murillo, Ritorno del figliol prodigo, 1667-1670)